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248 BERNARDINO DE ARMELLADA su conocimiento y el conocimiento con el afecto. Y no excediendo el uno al otro, de este modo reposan»36. De todo este discurso queda claro, al menos, que el autor no ve incon­ veniente en una aquietación relativa del alma en un bien inferior a la visión beatífica. Pero es manifiesto que aquí la cuestión se traspone a la satisfac­ ción o quietud del apetito elícito, que sigue al conocimiento y es el único capaz de causar desasosiego y tristeza. El problema metafisico tiene una dimensión más profunda. 5. Dijimos que Alfonso de Castro 37 se limitaba en su obra a combatir las herejías. No está, sin embargo, de más hacer notar los términos en que se expresa cuando refuta el error —que atribuye a los begardos y begui- nas— de que toda creatura intelectual es bienaventurada en sí misma. Si esto fuera así, dice, ninguna creatura intelectual podría ser desgraciada, pues lo que nace de la naturaleza no puede en modo alguno perderse. Y puesto que en esta vida nadie puede conseguir la bienaventuranza, se sigue que el hombre no posee una beatitud natural38. En estos términos 36. «MICRO. Si quelli poveri sono privati del paradiso, il quale sommamente è desidera­ bile, seguita dunque che pur si doveriano contristare chel suo desiderio non sia adimpito, et non habbia luogo. T h e o . Dice il predetto che quando uno desidera una cosa, et non potendo haberla li sia fatto ricompensatione secondo la estimatione di esso desiderante, non seguita tristitia alcuna al desiderante, perché lui estima li sia satisfatto per quella ricompensatione. Et però resta tacito, et quieto senza altro desiderio. MICRO. Mi piacerebbe qualche esempio sopra di questo. THEO. Dice il predetto santo che molti sono che vorrebono essere in paradi­ so, et nientedimeno quantunque non li siano, non per questo si contristano, anzi si rallegrano del stato et vita presente; et stanno taciti et contenti di quel che hanno. Un altro esempio. Anchora si può aggiungere questo esempio che molti artefici et mercadanti si contentano del suo stato e grado, senza cercare signoria, ne la dignità o celsitudine ducale, cognoscendo che ad essi non s’aspetta. Un altro esempio. Ancora noi vediamo che li fanciulli si contentano di noci et di mandorle da giocare o di pere et pome da mangiare, et non desiderano divitie, ne honore, ne superiorità, perché non sono capaci di simile cosa, ma secondo la lor capacita si accorda l’affetto con la cognitione. MICRO. Applica questi esempi. THEO. Quantunque li poveri del limbo volessino essere in paradiso, nientedimeno stanno taciti del suo stato, esti­ mando che li sia fatto debita ricompensatione. Similmente li poveri si contentano del suo grado, però che la celsitudine del cielo empireo a lor non si conviene. Similmente essi non cercano d’havere il paradiso, perché non sono capaci et se si concorda la lor affettione con la loro cognitione, et la cognitione con Paffettione, et l’una non eccede l’altra, et così in quel stato si riposano» ( Dialogo dell'anima, libro 2, nn. 287-292; fol. 144c-145c). 37. Alfonso de Castro (f 1558), natural de Zamora, fue durante treinta años lector en Salamanca. Asiste a las primeras sesiones del Concilio Tridentino. De la importancia de su obra más conocida, Adversus omnes haereses libri quatuordecim , habla el número de edicio­ nes: Entre la primera y la última (París 1534 y Amberes 1568) se suceden otras trece. La citada aquí es de Lión, 1541. Cfr. Dict.Théol.Cath ., t. 1, col. 905-906 y t. 2, col. 1835s; H urter , t. 2, col. 1995; S baraglia , t. 1, p. 25b-26a. 38. «Si quaelibet intellectualis natura seipsa est beata, nulla ergo intellectualis natura potest esse misera: quia ea quae a natura insunt, nullo modo deseri possunt... quoniam si in hac vita nullus potest beatitudinem assequi, consequens est ut homo non sit naturaliter beatus» {Adversus omnes haereses , lib. 3, fol. 94a).

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