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ALEKSANDER HOROWSKI 510 NAT. GRACIA LV 2/mayo-agosto, 2008, 477-517, ISSN: 0470-3790 La virtù della fortezza ( fortitudo ) possiede due aspetti: con- seguire le cose difficili, il che si riferisce all’azione, e affrontare le realtà terribili, il che si riferisce alla passività ( pati oppure passio ). Il primo aspetto viene perfezionato dal dono della fortezza, mentre il secondo dal dono del timore. Il dono della fortezza viene illuminato dal dono del consiglio che gli indica i giusti mezzi per raggiungere il fine. La fortezza, infatti, riguarda le cose difficili, alle quali non tutti sono obbligati. In cielo svanirà quell’atto della virtù della fortezza che consiste nello slancio verso le cose difficili, definito addirittura come aggressio , a causa dell’audacia e determinazione che è necessaria per compiere tali atti. Il dono della fortezza ci abilità a compiere l’atto conse- guente all’atto della virtù omonima e consiste nella fermissima ade- sione all’arduo che si era ottenuto. Visto che nel cielo esisterà l’idea dell’arduo che è il nostro fine, ci rimarrà anche l’atto del dono della fortezza che consisterà nell’aderire fermamente non più ai mezzi che servono per raggiungere il fine, bensì al fine stesso, ossia a Dio in quanto arduo. Svanirà comunque quella dimensione dell’atto che è legata all’aggressione; si tratterà di un’adesione pacifica, che non comporterà più alcuna difficoltà o lotta. Alessandro, basandosi sulla distinzione tra il difficile e l’arduo, spiega pure quale sia la diffe- renza tra la virtù della fortezza e il dono omonimo. Si tratta della stessa materia, vista però sotto diversi aspetti: ciò che è difficile cos- tituisce quasi un ostacolo all’azione, mentre l’arduo è ciò che sta al di sopra delle capacità naturali della potenza 68 . Prima di passare alla descrizione del dono del timore, diamo uno sguardo all’insieme delle attività della potenza irascibile, come viene offerto nella tabella. 68 GH III, d. 34, n. 2, 405-406 (red. AE) [= n. 28, 424-425 (red. L)]. Cf. I. FOR- NARO, La teologia dell’immagine nella Glossa di Alessandro d’Hales , 230.

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