NG200802003

ALEKSANDER HOROWSKI 506 NAT. GRACIA LV 2/mayo-agosto, 2008, 477-517, ISSN: 0470-3790 Interrogando sulla differenza tra il dono della sapienza e dell’intelletto, Alessandro ricorre al trattato pseudoagostiniano De spiritu et anima che afferma che mediante l’intelligenza percepiamo la verità, mentre mediante la sapienza l’appreziamo ( diligimus ), per- ché la sapienza è l’amore del bene oppure il suo sapore. L’intelletto, quindi, è la visione della mente, mentre la sapienza è il gusto della mente. L’uno contempla la verità, l’altra vi trova il godimento ( delec- tatur ) 58 . Alessandro riassume questo pensiero, dicendo che questi due doni conoscitivi appartengono all’intelletto pratico e descrivono due modi della conoscenza: uno analogo alla vista, l’altro al gusto 59 . La sapienza, come si è accennato, è legata alla conoscenza, ma possiede allo stesso tempo una dimensione affettiva. Questo dono infatti conosce la somma verità in quanto essa è bontà e ci fa assa- porare il suo gusto. Per questo motivo la sapienza è il dono che in grado massimo tra i sette ci fa simili a Dio 60 . Nella QH 150 l’ Irrefragabilis afferma che la definizione dell’atto della sapienza come gusto della somma verità a modo della bontà descrive il modo della visione, determinato dalla parte dell’oggetto visto 61 . Ne segue che è l’oggetto stesso, ossia Dio, considerato come somma verità, a presentarsi come bontà alla potenza razionale dell’uomo, abilitata dal dono della sapienza. La differenza tra l’atto pertinente alla sapienza in via e in patria consiste nell’intensità: mentre durante la vita terrestre è possibile soltanto assaggiare o pregustare la bontà della somma verità, nella patria si godra la piena dilettazione della sua dolcezza ( gustatio plena ) 62 . 58 Cf. PSEUDO-AUGUSTINUS, De spiritu et anima , cap. 11, PL 40, 786. L’autore di questo trattato, largamente utilizato nella scolastica del XIII secolo, è un teologo parigino della seconda metà del XII secolo, legato all’ambiente cistercense e vittorino. Probabilmente si tratta di Pietro Comestore. Cf. G. RACITI, L’autore del «De spiritu et anima» , in Rivista di Filosofia Neo-Scolastica 53 (1961) 385-401. 59 GH III, d. 35, n. 3, 437 (red. AE) [= n. 14, 441 (red. L)]. 60 GH III, d. 34, n. 1b, 404-405 (red. AE) [= n. 27, 423-424 (red. L)]. 61 Cf. QH 150 ( De dotibus animae ), n. 57, 380. 62 GH III, d. 34, n. 2, 405-406 (red. AE) [= n. 28, 424-425 (red. L)].

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