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Here. cap. 271 37. verf, Se °° @acerl sabi. tik D. Lavren. | Juf. lib. de i softic.& reg. a Prel.c. 5. €. $e Ve 2d, t i 5 s. ad Tim. t Corn. ibi . _ am, Reg.c.13. v.5.¢6,. i Elias Cret. Ofat. I. LE. D. Hieron. ‘ ad cap. 44, Ezechiel. vy. } Ie, Cefareo. Herrera. 1. Timot. c. 6. Vv. 10, — . 20 Lamento'contra l’Ommifione 5 ee i etta chiunqueé caufa, che fi perdanol’ ans» ¢s Diplici consvitione contere meuare —- Dore ; & aggiuege la Glofa acerlineale s Dp hci coutricione, ide/t, gladio , c fame , animi , > corporis « E quali faranno quetti »2 pits s pe 1 du- plicaro caftigo? Il Confeflore , dice S. Lorenzo Giuftiaiano , che € caoia, che} anima fi perda : Duplici contritione atteritur Paftor , duplicifque indicy efficitur reus 3 fui videlicet, er ouium perditione , prafertim earum , qua ex ipfius conuincuntur perijffe incurias Sara il fuo caftigo duplicaco , perché gli fara addoflaco tl reato di-due caofe , deila perdizio- ne del’anima , che per fua crafcuragine fi perdé , ¢ del peccaro della reprenfibile fua fteffa ommiTione , perche ad vn medemo tempo fa cacfa del danno dell’anima al fuo proflimo, ¢ fi fece reo, ¢ complice dell’alrrui peccato . conte grauemence pondera lerudizione del gran Coratlio fopra quelle parale dell’ Apoftolo : Neque comm unicaues ritis peccatis alienis ; doue dice quefto dorriffimo Efpofitares ConféfJarij enim , qui pece catoribus , v. g.concubinarys , ufurarijs , fimoniacis . canfitentibus non fatis contrités , aut non babentibus propofitum efficax emendandi fe, aut nolentibus reftituere per fimoniam , vfuram, ee alia iniufte acquifita , eos abfoluunt; omnibus eorum peccatis communicant , eaque in fe tranfcribunt , omniumque rei fiunt » ac pro eis Deo panas dabunt. La pena medema , che il penitence merita , f rinfonde nel Confeffore , che non/’aiuta co'l rimedio opporcuno, né lo cana da’ peccaci ; ¢ di quefti peccati non riparati,¢ dell’ ommiffioac , ¢ commif. fione , ch furono caufa, che aon firipararono , fi douera readere rigorofz ragione , ¢ fe n’ efigera ftrectiffiino conto dal Confeffore , a cui fi dara anche ilcatigo meritato, E’ anche pid da ponderarfi in quefto cafo la fentenza , che fulmind il Ré Dauidde ael- Ja parabola , che gli propofe Natan Profeta di quella pecora mala mence rubaca ; Viua Dio, difle Dauidde é degno di morte , chiquefto ha fatto: comando ,¢ decreto, che paghi quatcro volce ranto: Vinit Dominus , quia filius mortis ef vir., qui fecit boc : ouem reddet in quadruplum ; quefta pecoraé l’anima, chine perde voa,, merica pagaria qua. druplicaca ; ¢ quello, che ne perde molee, dice Elia Crecenfe, che caftigo mericera? cui tandem faupplicio obuoxins eft » qui multis fortaffe animabus ob culpam fuam y & fegnitiam exity caufam prabuit: non pare, fi crouicatigo adequato alla brucriffima colpa, qualié V'effere caofa della perdizione d' yna,. 6 pil anime, che canto trauaglio coftarono al Noftro Redentore. E’ certo, che Dio dimandera {trecciffimo coarco , 000 folo de’ pecs cati dicommiflione, ma anche d' ommiffione,,.¢ che in quefta fpecie dicolpa , faran- no auanti de’ fuoiocchi diuini di gran pefo le negligenze in atcendere alla {piricuale faluce de’ proflimi_ come fentenziofamente ci la{cid infegoaco il gran Padre della Chie- {aS. Geronimo. Neque enim( diffe il Dottor maflimo ) folum pro noftris delidtis redde- mus vationem fed procmnimm , quorum abutimur donis , oF nequaquam fumus de eorum fa- luce foliciti ; aotabili fono ,¢. che mericano rifleffione quefte vitime parole: nequaqaam fumus. decorum falute foliciti: MeditinG& con qualche pofatezza, menrre pafo a cone fermare la dottrina coll’ efempio feguente , chs riferifcono Cefareo , & il Padre Aifon- fo di Herrera, . 22 Fa, dicono, vn’huomo vfuraro, che auaro pofe ogni (uo fudio non in am- maflare tefori per !'anima fua, main accrefcere il capicale della rerra ; {enza riflsccere, che fono caduchi i beni di quefto Mondo, ¢ che folo quelli del Cielo fono permanenti: non badaua la fua ingordigia » Che foflero leciti i mezai , che {eruinaao all’aumenco de’ fuoi cefori ; perché ¢flendo la cupidigia radice , che produce irami di curci i maliin frafe Sagra dell’ Apoftolo: Radix omnium malorum eft cupiditas; B' neceflario , che piantaado quefto peflimo albero oclla cera del cuore , nafcano molciffimi rami, che occupiao le facolca dell’ anima: Erano iniqui i traffichi di queft? huomo , noo firi- cordaua d’effere vmano , difettibile per natura; afuegliarlo da quetta oblivione di fe medemo , gli veone vna grauc infermita » che I’ aunisd , che la morte lo chiamaua alle {ue porte per ifpogliazlo de’ faci corruttibili tefori. E’ veriflimo quello {perimentato roucrdio > che ia morteé va’ echo, che corrifponde vniuoco alle voci della vita: Quae iS ae ais: fs 2¢ qpeia antica fentenza ebbe vn ceftimonio di pid per fua auceauca, orte di quefto mal, Criftiano . Crebbe 1’ infermica , appretarono gliac- cideati, gionfe il rermine delle necefaric preuenzioni di quel rempo ; venne il cempo di edeceo il pazience la fua vicima volonta in que. re scrithe ee fi chiame il Noraro, acerribile , ¢ formidabile maniera. Primiceramente racco snima ene ae: idan perché A portino alle loro. infernali prigioni , dotdphwecicat dpe isha eee AL bys aa » & atterrito il Notaro , glireplicé : che dice ? fiete ‘iSiteec ck Wet gettato dalla fua mifericordia ? P anima ha da raccomandarfi 7 Shec8 S60 Anko I’ infermo , non mi replicate parola , {orinece ad listeram a ee ya
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