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Civitacastellana, Montefiascone, Montepulciano, Orvieto, Roma, Tivoli e Viterbo. Ma solo una minima parte giunse sino a noi. Il p. Isidoro da Alatri, nella sua vita del beato, ne raccolse 43, scritte tra il 1726 e il 1750, cioè fino a qualche mese avanti che morisse. Peccato che i suoi biografi vi abbiano fatto poca attenzione. In esse v'è tutto fra Crispino, con la sua santità umile, umana, nient'affatto complicata, trasparente come un tersissimo cristallo. Si direbbe che ogni lettera è un'istantanea del– l'anima del fraticello viterbese. Molte di esse son di semplice cortesia. Gli amici gli scrivono per fargli gli auguri che, specie quando egli era già vecchio, tanto spesso accompagnavano con piccoli doni. E fra Crispino prendeva la penna e, con la mano ap– pesantita dalla vecchiaia e dal male, tracciava un biglietto di ringraziamento. E' grato per il ricordo che gli amici conservano « di un povero peccatore... di me miserello.... poverello ». Egli sa gradire un dono: « Rendo ben di– stinte grazie delle bellissime scope a me indegno inviate». Ringrazia chi gli ha mandato « un pollo», « buone l> paste, « buonissimo » vino. Ma, come accade con la gente del popolo che, per essere abituata a sudarle duramente, sa il prezzo delle cose, fra Crispino non vuole che gli altri si incomodino per lui: « In quanto al vino, vi prego non mandarlo... quando ne avrò bisogno, vi avvertirò». E, sapendo che i suoi amici ci tenevano ad avere un posto nel suo cuore, li assicura di nutrire per essi una grati– tudine «antica» ed «indelebile», materiata di incessanti preghiere. Egli segue i suoi amici, ne condivide le gioie e le pene, loda, rassicura, esorta ma soprattutto li innalza in un'atmosfera superiore, nel cielo della salvifica vo– lontà divina, - anche se tanto spesso dolorosa e morti– ficante per la povera natura umana. 34

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