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Esortava a sovvenire i poveri che si presentavano alla porta, e diceva che Dio avrebbe provveduto in ab– bondanza, « quando avessimo tenute aperte le due porte, cioè quella del coro alla maggior gloria del Signore, e quella della portaria a beneficio de' poveri»; e ancora: « la porta mantiene il convento ». Fra Crispino era esigente con i religiosi, ma non pessimista nei confronti dell'Ordine: reputava una gran– de grazia poter in esso servire Dio. Incontrando un fan– ciullo orvietano, Girolamo, figlio di Maddalena Rosati, gli prediceva che sarebbe stato cappuccino, cantarellandogli: « Senza pane e senza vino, fraticello di fra Crispino». Il ragazzo si fece frate col nome di Giacinto da Orvieto e mori ancor chierico a Palestrina, appena ventunenne, nel 1749. Ma vi è pure tutta una serie di aforismi che si direb– bero congeniali all'indole di fra Crispino. Con essi egli celia allegramente su fatti e situazioni non di rado pe– nosi, con un inesauribile senso di humour. Il droghiere orvietano Francesco Barbareschi, tormentato dalla poda– gra, era da fra Crispino invitato lepidamente « a prender l'asta d'Achille, cioè la vanga, e faticare nella villa Cri– spigniana, chiamando cosi il suo orticello, ove seminava l'insalata e piantava gli erbaggi per i benefattori)>. Bru– ciante come una frustata in faccia, la risposta data a un altro che gli chiedeva di esser guarito dallo stesso male : « Il vostro male è piu di chiragra che di podagra, perché... non pagate chi deve avere: li vostri operai e servidori piangono... >>. Alla principessa Barberini, che voleva veder guarito subito il figlio Carlo rispose: « Eh, non ti basta che guarisca nell'Anno Santo? ... Eh, che vuoi pigliare il Signore per la barba ? Bisogna ricevere da Dio le grazie quando lui le vuol fare». A Cosimo Puerini, di– spiacente di dare in elemosina una fiasca di vino buono. 31
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