BCCPAM000544-1-03p7d000000000

E fra Crispino? A volte confessava di essere « servo inutile dei frati», ma piu spesso voltava la cosa in canzo– nella: « rispondeva che tutti siamo battezzati, che questa è una grazia fattaci da Cristo Signore nostro, e cose si– mili». E ancora: a chi si lamentava « perché venisse in tavola il pane fiorito, o sia muffo, egli, ridendo, diceva: Quanto siamo obbligati al nostro padre serafico san Fran– cesco, che non ci abbandona mai, e ci fa fiorire ogni cosa, pane, vino, legumi, carne salata e tutt'altro che ci oc– corre». C'è da chiedersi quale fosse lo stato d'animo, ossia i sentimenti di fra Crispino, mentre pronunciava queste parole. Siamo abituati a considerarlo un allegro giullare del buon Dio, un felice impasto di ingenuità, di mitezza e di cortese cavalleria. Ma era proprio cosi? Il p. Giacinto da Belluno, che fu suo guardiano e lo conobbe fino in fondo, depose ai processi che fra Crispino esercitò in modo eroico la virtu della fortezza « nel saper reprimere e domare quel suo naturale [e voleva dire il tempera– mento] gagliardo ed igneo, che in lui scoprivo e che egli procurava ancora di temperare o con la taciturnità nelle cose avverse, o col dissimulare nelle cose spiacevoli, con quella sua ilarità e lepidezza che usava anche nelle cose indifferenti 1>. Un giorno confessò al suo compagno fra Giacomo d'Andorno che, se Dio avesse provveduto i cap– puccini « di solo pane ed acqua lotosa, pure ci dovevamo contentare per una tal providenza divina». Perciò le sue risposte erano solo apparentemente scherzose: esse sca– turivano da profonde convinzioni e, nell'intenzione di chi le proferiva, dovevano aiutare i fratelli a riflettere sulla propria vocazione. Frati brontoloni Crispino li incontrerà fino al giorno della morte. Nell'infermeria di Roma, alcuni di essi, in– dispettiti per la sua fama di santità, gli affibbiarono il 24

RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz