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mattei, Bucciosanti e Rosati, perché li distribuissero ai poveri che lo stesso fra Crispino inviava loro muniti di un suo biglietto. Le elemosine arrivavano anche da lon– tano, ,per esempio dal generale dei gesuiti; ma la parte maggiore era data dai governatori e dai vescovi che si succedettero a Orvieto e che si servivano di fra Crispino come del loro elemosiniero segreto. Il vescovo Giuseppe da Marsciano, che governò la diocesi negli anni 1734-1745, riferi questo discorso a lui tenuto da fra Crispino: « Mon– signor mio, per li frati io tanto la rappezzo un poco qua un poco là per questi paesetti, ma desidererei dar qualche aiuto ai tanti poveri secolari e famiglie vergognose, che sono molto povere; e perciò, se si contentasse di darmi qualche cosa per aiutare le medesime, sarebbe una gran carità». E di carità egli ne faceva tanta alla porta del– l'ospizio, e voleva che nessuno andasse via dalla porta del convento senza avere ricevuto qualche aiuto. Le sue visite al carcere erano quasi giornaliere: per consolare i detenuti, per intercedere in loro favore, per in– culcare agli sbirri la mitezza e il rispetto verso di essi. Per molti carcerati furono cosi affrettati i tempi del giudizio; altri, uomini e donne, furono rimessi in libertà. A fra Crispino niente si negava che fosse umanamente possibile. Non bastandogli di offrire pane, castagne o una presa di tabacco a quei miseri, impegnò numerose fami– glie a dare, a turno, il pranzo ai carcerati. Uno dei testi, dopo di avere raccontato le industrie usate da fra Crispino a questo proposito, conclude: « cosicché a questi non mancava in ogni giorno questo aiuto ». Un'altra piaga del tempo impegnò la carità di fra Crispino. Uno dei tanti testi raccontò: quando « si tro– vavano proietti alla .portaria del convento ed ospizio de' cappuccini, come suole frequentemente accadere, Crispino pigliava quei bambini, custodivali con gran carità nella 17

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