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ognuno si riteneva suo amico particolare. Ciò nondimeno, il cardinale Filippo Antonio Gualtieri lo diceva « il soli– tario in città)), e non di rado capitava che il compagno, per farlo rispondere a chi lo salutava, dovesse scuoterlo per il mantello. Piu d'un teste nota che egli, pur cono– scendo vita e miracoli di individui e famiglie, mai riferi alcunché in convento. Con i frati era taciturno: anche nelle ricreazioni, « appena facevasi vedere con gl'altri, diceva qualche parola di civiltà e poi subito spariva». Padre Michelangelo da Reggio Emilia, che, senza cono– scerlo, l'aveva incontrato sulla piazza del duomo, lo disse « allegro ma serio, divoto ma non affettato». Prima di uscire dall'ospizio, cantava l'Ave maris stella e quindi, corona in mano, si avviava per la questua che ordinariamente non durava molto. Infatti gli avanzava sempre del tempo per visite ad infermi e carcerati. Diceva al compagno: « E che non abbiamo da esercitare nessun atto di carità per li poveri?». Come questuante, si sentiva obbligato a provvedere le cose necessarie per i frati. Per questo, prima di uscire per la questua, chiedeva al cuoco che gli dicesse che cosa occorreva per il convento, poiché era fiducioso di poter provvedere. Infatti, egli questuava il solo necessario. Spesso gli veniva offerto piu di quanto occorresse, ed egli, ringranziando, diceva : « Mettetelo là, adesso non mi bisogna, tornarò a pigliarlo un'altra volta». Un teste precisa: « Cercava il necessario e nulla piu. Non vi era cosa che si negasse a fra Crispino ». E a chi, spinto dalla generosità, lo forzava ad accettare, rispondeva faceta– mente: « E che volete esser solo ad andare in paradiso? Date campo anche agli altri di far la limosina. Quando avrò bisogno di limosina da voi, la dimandarò ». Allorché l'elemosina gli veniva offerta da chi viveva in condizioni 13

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