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Si, fra Crispino attribuiva ogni cosa alla sua Madonna, alla quale, sia a Tolfa che ad Albano, aveva eretto un altarino dinanzi a cui mai mancavano fiori, ceri e pre– ghiere. A Monterotondo, dovendo egli lavorare nell'orto, esporrà l'immagine della Madonna in una capannuccia, in un angolo dello stesso orto. Dinanzi ad essa spargeva rimasugli di semi e briciole di pane, per attirarvi gli uc– celli a cibarsi e cantare, perché « egli avrebbe voluto che fossero unite insieme tutte le creature dell'universo a lodar sempre la gran Madre di Dio>>. A compendiare i primi 16 anni (dal 1693 al 1709) che fra Crispino trascorse tra i cappuccini, non basta il suo motto programmatico « povertà e pulizia»; esso va inte– grato col trinomio « preghiera, lavoro, penitenza». A pro– posito di quest'ultima, abbiamo delle spie quanto mai elo– quenti. Ormai vecchio, « sempre diceva che le penitenze bisogna farle da giovane, perché quando uno è vecchio non ,può far tutto quello che vorrebbe»; e a fra Mariano da Viterbo piu d'una volta raccontò quel che aveva fatto « lui da giovane >l. Sono accenni che trovano ampia con– ferma ne1 racconto dei testi ai processi. Comu:1que, il campo di lavoro in cui fra Crispino si trovò impe<Jnato, fu molto piu vasto. Cosi, in occasione di epidemie si offri spontaneamente per andare a servire i frati caduti infermi nei conventi di Farnese, Gallese e Bracciano. A ,chi ,cercava di dissuaderlo prospettandogli il pericolo di u:1 contagio, egli rispondeva allegramente: « L'obbedienza toglie l'aria cattiva», oppure « Io vado... in compagnia d'un gran protomedico [san Francesco] e mi sono provveduto d'un buon vaso d'ottima triaca [l'obbe– ' contro la malaria ». Ma nel caso di Bracciano non fu profeta. Servi ton totale dedizione e i frati presto si ristabilirono in sah:te, ma egli stesso cadde gravemente inferme e fu necessario trasferirlo all'infermeria di Roma, 11

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