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198 materia della detrazione, ó contumelia ha Jeggiera fará peccato mortale » fe ve delide= rio d'infamare , O dilonorare gravemente il proflimo. CAPITOLO VIIL Efortazione aquelli y che mormorano , 48. C I danni, $cimali, checauía una A mala lingua, non e facile fpiegar- Ji. San Giacomo Apoltolo dice , che-la lin- gua e un compendio univeríale di tutti i mali, eche l'Infernoe quello, ehe la rifcal- da > 8 infiamma » per abbruciare Paltrui fama , e per incendiare col fuo fuocoT'ani- ma di chi non la frena. Et il Profeta Da- vid dice, che ' huomo di lingua lunga non fará proíperato fulla terra: vir limguofus non dirigetur in terra. E gl'Úraeliti , che mor- ,morarono.contro Mosé , li caltigó Dio Signer Noltro feverifimamente» e caricó Maria So- rella d'Arone diJepra , perché mormord , 8 altri moltiffimi caflighi há praticato la Giu- ílizia Divina. fovra períone infette dal vi- zio della: mormorazione. D'una donna ri- feriíce, che flando permorire , cavó fuori la linguaa vita di tutti coloro che Paflilteva- no, econgran dolore dife : Quefta lingua équella, che mi condanna . Lo fteffo caltigo pud V.S. temeres fe non procura -emendarli di quello vizio : lo fac- cia per quanto gli e cara lanima propria ; poiché dal mormorare non lemericeve utile alcuno. Equando li troverá in qualche ra- gionamento, nel quale (i denigra la fama del proflimo » procuriappartarfene , % ulcire da fimigliante praticaz e fe non puó elentarfe- nes almeno moftri di fentire mal volontieri fimili difcorfi, e con quelto correggerá co- loro, che mormoreranno. Non vorrebbe gia V.S. chealcunodicef» fe male dilei,.e dellefueazioni; cosi fe vuol oflervare la legge di Dio , e della caritá , mon deve dir male del proífimo » quando non vorrebbe» che altri lo dicelero di lei. Avwverta figlio, che oggidi molti fono, che hanno perduto-il buon nome per cauía di certe lingue mormoratrici» eche vé lempre Pobbligo di reflituire,al proflimo la fama toltaglis 1d che e molto difficile » perche gli huomini fono pid facili a credere il male, che il bene; eperd lafciquefto vizio, chea quelto modo adempirá J'obbligo della cari- Trattato V 111. del VIT Comandamento”. ta, oflerverá la Legge di Dio , viverá in pace co'! proffimo» eti libererá dagli unghioni del Demonio. CAPITOLO ULTIMO. Del nono y e decimo Comandamento. 49: Pcormdamadel mono , e decimo, fi B riduconoal felto , efettimo , e pole Dio quelti: due ultimi. precetti per infe- gnarci > non Íolo fi pecca: coll opra , ufurpandofi la donna, d la roba altrui ) ma anco deliderandole : E benche in tutti gli altri precettié peccato il deliderare quello, che proibilcono ; fi polero peró quefti due efprefi, pro:bendoipravideíiderj, si perché quelti baltavano per darci un” efempio, come anche per eller quelta la materia, che pid ft delidera dall' huomo. 50. Et avvertali, cheil deliderare i beni di fortuna , non eflendo per mezzi illeciti, né a fine pravo , né per avarizia, non fard peccato almeno mortale; e le li deliderano per qualche buon fine, come per pagar de- biti , far limoíina, coll'animo libero da ogni avarizia , non vé peccato aleuno ; quantunque fia meglio conformaríi il Cri- ftiano volontá di Dio , e non :defide- rare piú di quello Diowuole; che, fe quefti beni temporali ci follero neceflarj , benifli. mo la Mae(tá Divina ce Jidarebbe; e quan- docelinega, e fezno, che non e bene per noi ;+e peró gettiamoci nelle braccia della fua Divina Providenza , che [e nutrifce fino gli uccelli del! aria, e velteicampi fenza fa= tica» molto piú foltenterá le fue creature ra- gionevoli: cosiaveffimo noi cura difervirlo com' egli bá cura di mantenerci.. TRATTATO IX. DI QUELLE COSE, CHE SIE: GUONO ALLA CON- FESSIONE. r. Uello, in che pid hi adinúiltere il Confeflore, deve ellere , di muo- vere al dolore il Penitente; per- ché Pintegritá materiale della confeffione non [empre e necellaria per ricevere il fmt- to del Sacramento , quale non puó confe- guiríi lenza il dolore fopranaturale .Deve ayver-
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