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Lonelufione e ; perehe ;quantunque non fi fac. cia ln frode del digiono, do pigtiar quefte par- ultra , 6 verifica lamedema ragione, € ¡oreaco, e termini proprij della propofizione rondanna- tar Adunque refterd condannaro il dire, eche fi porranno pie'jare decce quanticd , non ope: rando , ne facendolo in frode del digiuno +: Né il dire, che fipigliano ne potus poteaz, puó coo- nefarlo , nd liberarlo dalla coudaonszio0€ ; poiche , fe queñto bale porriemo dire , che néemevo fi condannañe l'adermare effer lecito pigliar molt parpica , quando ce ne fupplica, e prega vn'amico y il che non concede Torre- cilla ibid. num. 8. Adunque ne meno ha da coo- cederfi, che aon ( condanni. l'opivione , che sffitma efier lecito pigliarmolte paruitd , ne potus nocest;non facendob in frog: del digiu- no, 184. Dico Per terzo , che non ñ condanna Popioione gid comune, che sfferma , che fl vi- no non rompe ¡l digiyno , quaucunque fibeua molre volte al giorno ; e queíto s'iorende, non folo quando fi piglia, per temperare la fece, ma quancunquelá bena per foftenrará, e mo- derare la fame + Sic Fagundez in 4. pracept. lib. 1. 56, 3. num. 19. perche Ja propofizione con- dannata parlaua di mangiare ; qui fepins come- diese la nofira non parla di maugiare , ma dí beres ma non per queño s'inferiíca efier lecico pigliario ve giorno di diginno molte volce la cicolata , perché queíta noa e beuanda , ma cis bo , come dilll nella 1, part, di quefta Prat. T rat, 2. Cap. 3. fine num. 30. pag, 67. Da qui s'ipferifce ,reftar comprefo in quefta condannazione il dire, che il mangiare molce paruitá d'vue , pomi, peri, limoni , naranci, al alcri finecio, non rompe ildigiuno; arriuans do tutre queñte parvicd d fare vna macería gra» ve; ef proa; perché queñi frutci non fono benanda , ma cibe , come dice Leandro vbi fa. pra, quel. 6. quefi= 7. e quef. 8 Sed ficeft, che fi condanoa il dire , che fi ponno pigliare molce paruicd in vn giorao di digiuno , quantunque copftitulícano mareria graue : Aduoque a0- che fi condanacrá ¡l dire efer lecico¿n giorno di digiuno piglísr molre paruitá di perl , pO» mi, limoni,naranci, $ vue, conftirmendo cod quee paruicd quanticá norabile., 185. Dica per quarro, non fí condanna, che poffino pigliarfi melce paruicá in «vn gior» no di digiuno , quando rucre ee añiene non eccedone la quantica, che poreua pigliarú ia vna voliay 8. €lecico pigliare due paruicd d' vo'oneia ptr ciaícheduna; perche potendof pigliare due oncicio vna volta fenza crafgredi- re yl digiuno:, aoche fi porranno pigliare due oocit ia due, are, quaccro, O pid volrere la ragione di noo efier coudanoaca quefta doctri- pa e, perche la propobzione condannata per- purcena: de parusea, benehe da efe refuliafio Propofizione XXIX. Condambata > Sor gnaorira nosabile : Sed fñicef, zheio non perá metco , che dalle paruicd refulei quansitá nota» bile, ma la quaocitad di due encic, che non rompe il digiuno + Adanque mon Á condanne il dire, che poffino pigiiará molte quauticd Jeggiere , quando dá efle vnice afiene non ri- fulca maggier guaoticá, che quella di due oncie . 186. Dico per quinto, che né msuo fi son» danna Vopinione di Giouauni Sanchez difp.5 2» num. 3; che dice , che non crafgrediíce il digiu. no quejo , che io auuerrencemente piglia io vo” gioroo molre parvica (almino'non pseca ) né ha obbligo di laíciare la collazione per queto eccerchato le auce mangíato vicioo al cempo nel qualeÑ fala collazione, ele paruiri -(88- giungo io) non arriuadero a quaoticd bocabi» le; E-quantunque paja, che ¡a quefto cafo li romperebbe macerizlmente jl digiuop, fe quefte paruíta confticuillero materia -graue,£ quan. cicá nocabile; non vi farebbe p:ró colpa , per canía dell inauuertenza ;e che quefta opivione non G condaonie chiaro , poiché parla in cer- mivi molto diuerf da quejli , che contenena la propoGzione qui condaonara , 187. Dico per felto , che non fi condamna, che quello ,che alla maccina con neceflica pi- glió vna parvicá di due oncie, pola alla ftra, occorrendo nuova neccfica, pigliar vo'alcra guantitá di due oncie + ,g. vo Confeffore , per auer da confefíar molro , piglió vna paruicd alla maccina, 8: alla fera há da predicare , ha neceflicá , per forrificare il pecco auanci del fer- mone ,ó doppo, per reftar qualche poco ia- fiacchico, d'vo'alera paruicd , puó pigliarla le» cicameore , perche , aucndo giafta cauía, puó rralaíciarfi il digiuno: Adunque molto meglío fi potrá pigliar , vaa , e due paruicd, efcadouj cauía legiecima; ne ha da peníarfi, che Sua San:icá condanni vna cofa tauro ragioncuole; lo Atrio , che ho detro nel calo di confeilare, Ó predicare, dico in cole di fimile neccilica: v.g. quello, che ha da fare qualche elercizio ptnoío , come camiñar a piedi : quello, cht p»r feruire alla Menía ha da praníace molto tardí, Vide Leandrum part. 3. T ral. 5. d:fp. 5 .q4.20, 124.0 25+ f Propofizion: XXX. Condannata . Tutsi gli V fficiali, che faticano corporalmente per la Repubblica, fono fcufati dall'obbtgo del digiuno , né demonio certificarfi y fe la farica fia comparibile co"l digiano « 138. Vppongo primieramente , che vi fa- no alcuni Vffcij, 8e efercizij gras u04 , 8cincomparibili co"! digiano, 8 alcri Víficij, 8 elercizij leggicri, cue lona compatibilico'bdigiuno + gli Vilicij grauos, incom-

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