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433 che Gi afegoi ¡l luogo , nel quale il delicto ( commife , 81 il mele, e l' anno : La quiara ,che 6 ponga il giorno , € l'2nno, nel quale fi fá : La fefta , che firmi Y accufacore la fna accutazion:, Alcuoe perfone fono efclufe da poter accuíare, come fono i pupi!liz quelli, che noo fono arti- vatialla pubertá ; gl jojmici capicali, Se alcri; come (¡ puó vedere ¡a Vilallobos tom. 2, Tras. 15. diffic4. per totam , 96. Suppofto quelto, dico , efer certo , e di fede , che Y accuía, (2 fi fá come fi deue. cons vericá, buon zelo , fenza mala incenzione, noa folo € Jecira . ma meritoria ; come dice Macha- do tom. 2. lib, 6. parte 4. Trat, 1. doc. 1.1.4. E' pero aleresi certo, che, fe ( fa con mala incea- zione, perodio, 0 mala volontá , e peccaco mortale contro la caritá;€ fard contro la giu. flizia , con cbbligo di refticnire , le 6 fá falía- mente : regolarmente parlaudo , fuole far con odio . e paÑione: peró importa moico, che ji Confeísori, e Padri dell'anime s'interpongano colle períone ingiuríate , acció d:Gíñano dal! accuje ;e lo Acíso faccino ¡ Procuratori, e Mi. niftri, non dando lubito orecchio all'Accufata. re, Che irritaro, € pieno di fócgno, 8 ira, vie peananti dic/A, ma procurare d'acquiecarlo, proponendogli l'ioquierudini, ji peccati, les Ipefe , e danni, che gli hanno da feguire. % 20. co l'infamia , che gli ( ha da cauíare, correndo H cegozjo peri Tribunali; poiché quello che ne rifulra ,e , che doppo molri rancori. e fpefe, folo s'ha confeguito, che il Luogo fi riempia di ció , che con fua fomma infamia, 6 gli difle, O gli Kece, 1 Criftiavo, e'l Sinto, e, frapotre jn queÑti cali qualche períona d'sutoricá , acció induca Poffeníore a fodisfare linginria facca, acció la parte ofícla relti reiotegrata , 1' of. fenfore correcto, le rotture fopice ; con ches s'culteranno molte ofíels di Dio Signor Na. ftro, 97. P. Anche m'acculo Padre, che ia vna occalione rralaíciai d'accufare vna perlona d'vn delirco , che aucva comme/so , C. Era 1 delirco Íolo in offeía di V.S. Perche elsendolo, non folo non era obbiigata ad accu, farlo , ma operaua fancamente in perdonargli con Critilana pazicoza , ' P. Non era ii delicro in mia offeía, C. Era io danoo del ben pubblico? Come vo delicia lefa Marflatis, O tradimento contro la Repubblica ; che ue” delitri, che fono con. tro 1lbeo pubbisco, +'e cbbligo d accuíare il Malfatrore , come dice S. Tomalo 2. 2.4.6, art, 1, 10 Corp. Etideo (dice i; Dottor Angelico) Si crimen fuerit tale, quod vergat in detrimentum Reipublica, tenetur homo ad accufationem P, Non era di queñta qualicá il aclicto, che s'era commello , : C. Era tale, che (i potefe prouare? perche pon porendob pronare , ne meno vera obbiigo Trattato XV. de Minifiri di Giuftizia. - di denuoziare ; come dice S. Tomafo ibid. Dumi medo fuficienter pofs:e probari , quod pertinet ad oficium Acemfatoris; Peró in delicto de ereña we obbligo di denunziare quello, che conka, efler Erecico, quaorunque non pofía prouarí; éx il dire ia quefto il contrario , e caío condza- nato da Aledandro VII. nella Propofiz. 5. il di cui (piego puo rederá ja queño libro , Trat.17, Anum. 33. P.. Padre, ben po:ena prouará il delicto, del quale lo noo l'accuíai. C. Era il delicco in danno di qualche ino. cente $ Perchó le fofie tale ,e non vi fofle alero mezzo , per difeodere l'ionocente , fe non accu- [are il delinquenre, vi farcbbe obbligo di denva. ziarlo ; Sic Trulleach Ton, 2. in Decalog. l:b.8, cap. 2. dub, 2. nun. 3. P. Ne meno era il delicco di queñta for. lO. C. Era V.S. perfona, che per fuo Vfficio fofíe obbiigata ad accuíare , come Cultode, ge, Perche ; le cali períone obbiigate perlor VÍ. cio ad accufare, no'l faano, peccano contro la giufizia; e Pobbligo ,che haono di regitoi. re, [piegsi nella 4. pare, della Prat. Trat.7. fo, prail 7. preces, cap. 5. part. 9. 041%, 154. O fe. quent. pag. 176. P. Non aucuo io alcuno di queñi V/Acij. C. Qual dunque (ú la (pecie del delicro., che WV.S. lafcio d'accufare 3 P. Padre, era vn concubinaro , C. £ra pubblico , e candalofo ? P. Si Padre, C. Vera edicto, Ó comandamento con ceq» fura promulgaca da qualche Gindice , O Prelds to, di maniteítará i peccaci pubbiici? P, Padre si ,il Veícono andaua ¡o vifica,€ fotto Ícomuxica mageiore comandó, che Á manifeñafiero i peccaci Icandalof . €, Adunquein quefto cafo era Y S. obbli: gata a manifefare quetto delinquente al Prela» t0,Ó per modo d'accufazione , ó fe non roles va io forma d'accuía, per non obbiigaríi d pro» uare il delicro, almeno doneua fario per moda didenunzia giudiciale , acció il Gindice pro: cedefñe al Caftigo, e rimedio di cauto males Villalobos vbi fupr. difiic.. 2. num, 9. e num. 10. etralcurando di farlo , incoríe neiia Ícomunis ca, che il Veícono anena pubbiicaca , 8 elen- do il peccaro pubblico , e fcandaloío , a0n aucua de far la correzione fracerna auanti dí denunziarlo ¿come dice S. Tomalo 2.2. 14/f. 33. 4rl. 7. mcorpor. Siquidem fini publica ( pec- cara ) nou efi tantum adbibendura remedium es , qui peccalit y ve melior fas , fed emam alijs , 12 quoruna votitiam denenit , ve non feaudalizens tur 30 ideo talia peccata funt publice arguenda, OC. 98. Conchiudo breuemente queño Capiro lo, con auuertite , chs 1 Accore s'añomiglia 7 A

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