BCCPAM0001162-4-1600000000000

Capitolo Y 11. Del Reos 433 1! P. Tomalo Sanchez nella Somma, Tom, 1. hb. 3.caP. 7. num. 6. e numa. 8. e 10.afferma, che ilreo, chenego al Giudice la veritá , non e obbligato a manifcftarla doppo, d fi troui libero dalle fue mani, Ónon fia per anco data la lentenza Ínlla cauía , O fa giá fentenziáco a rrorte ¿con quefto, che non ne vevga da que- fo notabile danco a qualche terzo : il che( ag- giunge) tengo per moralmente impoffibiley Colla limictazione del Noftro Nauarro , e San- chez , feguirei queña opiniones: né credo , che fia moralmente impoflibile, che pofa naícere rave danno al terzo dal noa manifeñar il Reo deppo la veritá , che occaltó al Giudice , che giuridicamente l'interrogava ; poiche prima ne naíce lo Ícredito del Giudice, di cui (fi pen. ferá, che ingiuftamence fia palíato all'efame del Reo, e al fuo caltigos Redunda alcresi ia iofamia dellaccufatore , e ceftimonij, poiche fi penferá , che ¡niquamente Vabbino accuía. ro, € depofto contra d'elío, poiche il Reo li ha dichiarati tutti menticori ia giudizio le. giccimo » ¿ns Aggiungono Diana , e Bafleo ne” luoghi ci. rari, e Machado núm. 7. che il Confeffore non appreriil Reo obbligandolo di ritoraare dal Giudice á manifeltare il delicro , che auanti ne. g0;poiché lo negó con opinione probabile, che lo fcufava da manifeftare il fuo peccato, guantunque il Giudice aucfic lemipiena prova: il che approueró colla limitaziooe derra , che non ne fiegua grauc danno del terzo,tacendo il Reola vericá, go. P. Anche m'accuío Padre, che in altra cavía piú leggiera , nella quale ero accuíato, occultai al Giudice ¡il deliteo , del quale 'in+ rerrogoó , eflendo vero, che l'aueno commefo. C. L'interrogó il Giudice giuridicamentes, ofíeruando l'ordine douuto ? P. Padre si. C. Era il delito in danno del rerzo ? P. No Padre ; Íclo m'aucrebbono condan- nato ad vna muira applicaca al Filco Reggio, fe aucífi confeñaco la vericá ;e negandola , me ne liberaj . C. E' probabil: , che V.S. non abbia obbligo nel foro della cofcienaa di pagar queña mulca, alla quale l'auerebbono condannato , fe auefe maniteftaro la veritas Sic Nauarrus in fumma_, latina, cap. 18. "um. 49, Azor. in mft, Moral, part. 1.bb. 5. cap. 8. quelt. 5.0 alij perehe que. ita peoa non fi deue, ne il Fiíco v'ha ragiove avaoci la feotenza del Giudices Atquíi non vi tú fentenza del Giudice , che condaanade il reo a queíta pena; Adunque non la deue nel foro della coícienza : vero e , che peccó grauemente ía occulrare la veritá, quando ac fu ¡arerrogato dal Giadice con giuramento ¿ perche l'opioio. ne rifcrita nel num, 77. che dice il reo puo oc. cuipare la vericá, quarunque il Giudice Via. cerroghi con proua femipiená; parla, quando il caftigo, che fi teme, Emolto prane +; v.go morte , galez , Sc, ma non quando e leggiero, come quello del prefente cafo . 81. P. M'accufo Padre, che per vn delicto; che falfamente mi fi impuraco, fui pofto a' tor. mesti, e mancandomi l'animo , per tollerare si acuco dolore, io confefai d'auer commeño il delitto, faptado , che per eo fuole dará feas tenza di teta, C. 1 Giudice non puó pañare a dar ¡tora menti al Reo , quando gi ha piena proua , ma quando vi fono tali indizij prouaci, che non baltádo per códánarlo, fono pero fufficiensi per metcerlo a” rormenti: e la qualicá diquetie arbicraria al Giudice, fecondo la qualitá, e compleíllone de” Soggetti pid , 9 meno robafi; e non poano darfi tormenti a' figli piccoli, che non fono arrivati d quartordeci ani; ne d mol. to vecchi , ne alle Donne grauide , ó freíche di parco ;néad alcri, che ponno vederfi ia Ma- chado Tom. 3. lib, 6, part. 2, Trat. 3. doc. 6, e7. 82. Ora mi dica V.S. aucua ¡il Giudice baz ftaoci indizij, per metterla a cormenti? P. Si Padre. C. 1! tormento , che le diedero era molto atroce ? P, Era tanto crudele, che volá piú tofto eleggermi la morce piú ignominioía , che fof= frirlo . C. E' fentimento comune de' Dottori, fes condo che afferma Diana part. 3. Trat. $. res fol.77. che non pecca mortalmente il Reo , che per timore di graue cormento s'impone vn de. litro fallo . Er aggiunge cicando aleri, Giouano ni Sanchez nelle Selet, difp. 46. num. 16. che ne anche venialmente pecca il reo , che , per euita- re tormenti graui, coofefía di le vn delitco fale fo, quantunque per confefiarlo 'abbino da con= daonar d mortes _Quia non efi digna ( dice ) tan= to dolore vita ; e i Ícufera di bugía , rifponden= do con equiuocazione , O amfibologia efernas Approua Dizaa ¡bi queto dettame di Gionan. ni Sanchez , quale tengo per molto probabpile; psrche , fe douelle eller peccato, O Íarebbe per perdere la fama , e vica , O per mentire 2 Se per perdere la vita , ó fama , non larebbe folamen- ete veniale, ma mortale, per efere la maceria grauc: Arquié fenceoza comune , che non € peccato mortale: Adunque né meno fÍari vee niale : lPalero , perché, le non e peccato mor. tale, per con obbligare con tanto dolore il pres cerco di confernare la vita, Ó fama: Aduaque cella gid ia quefto cafo il precerro di coníeruare la vicas Subfum>, non vé peccaco mortale, ná veniale , doue von € prececto + Y bi non efi lex, vec prauaricatios Ad Rom. cap. 4. Sed (ic ell, che in queño caío cefía il precectos Adunque non vi lará peceato mortale, nd venjales Cheng A Sii meno E i j A , Hui 14 : A ui S ¡e Me N . E E | ' o Ñ 4 € ' |

RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz