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202 che e coía Ípatencoía l'auer da penare per lema pre 38 é gran pazzia, per vo gufto,che 2p- pena dura vo'inftaote, voler ardere fra fame me voraci ,non vo'2nno, ne dieci/, ne mille, mé millioni, ma per turca l'erervica . Paragoni la brenitá fomma de'dilecci terre. ni,e guÑti temporali colla longa durazione d'vwerersicá ,e veda, le e giuíto , e ragione- uole, per benisi friuoli auucorurare vo'eter- nitá disi graui mali. Faccia figlio rifleffione, á¿ ció, che dico; confideri, che € veritá certa, e di fede, che queíta vira ha da fnire: Auuerta, che ha da wenire vn giorno, $ ora, nella quale anche ¡V.S, finirá colla vita ; riflerra , che allora lará Ín fommo amara allacima fua la copa, che ora le cfferifce il Demonio coperta co'l dolce del guñio, e dell'etile . Quando V.S. arriuerá all'ora della morte, quanto allora vorrebbe dare per non aner pec- cato? Adeño há tempo, ecommodica, per morire confolsto;ma fe lotraícura ,ne le ne vale, potrá eñiese , chic le manchi, quando lo defidererá . 30. Riflerta, che queÑa vita ¿inconftantre, echeíe orac vivo, dimani puó efer morto; dimolti,Paucrá vdico, come fono morti al! improuifo , enza pocerí confeflare : lo fteflo puo fucecdere á V.S. poiché non ha alcuna poliza da Dio Signor Noltro, che l'afficuri non debba morire fenza Confellione ; $e abeo. ché Paucíle , di molci fappiamo , che confelia. ti ,ecomunicariinfermi, fe u'andorono daa. nati; perche, chi viue male, puo efere che Dio permetta ¿che non fi confeffi bene moren- do , in caftigo de' fuoi peccati.. Se quefto iuolo fofie di verro , eforro d'eo vi foíic vna fornace profonda di viue fiamme dituoco,oftria V.S. pafare lopra quelto ve. tio? No, poiché prudentemente argomente- rebbe , che li (pezzercbbe il vetro , e caderebbe co"! corpo in quelle hamme , 11. Non we verro taato fragile, come la vita deli'huomo: fotro la vita v'é la profon-» dica dell'Loferno piena d'orribili fiamme : come poi ofera V.S. pañare fopra quetto fragil ve- tro della vita co 1 peío delle colpe fcnza paura, che G rompa il vero , e fenza cimore di cadere nel fondo dell'Inferno ? Procuri dunque, figlio mio, per quanto le preme la vica d'emendarfi; che fe lo fara, viuerá voa vica coufolaciósima » Vna perfona, che viue lerucudo Dio, ne lo cormenta il ci. mor della morce, ne lo travaglia coía alcuna di queíta vica ¿ ma chi riue io peccato,com'é poisibile , che pola viuere co'l cuore allegro, Japendo , che noa € piú loatano dall'loferno, che un reípiro ¿ Come puó dormire quiero chi vá lu'l letro aggráuato di colpa morcrale , Po- cendo efiere, che li fuegli nell'loferno ? Trattato IX. Delle cofe , che freguono alla Confiffione : 12. P. Padre, io gia ho queño defiderio d'emendarmi, e gli do parola di farlo: folo fió in gran cimore , vedendo la granezza delle mie colpe . le Dio mi perdonerá . C. E queño, figlio fi laícia vícire di bocca? Benche aucfle piú peccari, che non ha arene il mare, ftelle 11 Cielo ,e atomi Paria, e veri. tá caccolica piú certa di quelio , cheé certo, che ora € giorno , che tutcii peccaci perdona Iddio all'anima , che pentita di cuore fi con. fella ¿; poiche ha Dio impeguaco! la fua parola, che fempre , che il peccatore pentito gli chiede perdono , gliclo concede Sua Diuina Macád, ptr enormi che hijuo i fuoi peccari. Ma ponga V.S. gli occhi in vn Dauid, in va Manafle, ja va S, Pietro, ia yn S. Paolo, ia vna Madalena, in vn S. Matreo, de alcri molti peccatori, a'quali Dio tanto liberal= mente perdonó , per vederli componti di cuo. re , Che di poi furono tanto eminenci in virtd, S auuanzaci io Santicá , e tanto firecci, 8 its trinfeci amici di Dio : Dio e il medemo adeÑo, che era auanti per il peccatore , che ora defi dera elfer'altro da quello ,cheé faro. Imiti V.S. quefti Santi Penitenti, che dopor che íi gittaron conuertiri a piedi di Chiifto mai piu ricornarono a* loro pecca:i ; e fempre aucuano auanci gli occhi le loro colp:, per piangerle con amare lagrime , Lo tteflo dcue fare V.S, non Ícordarí delle colpe commede, ma procurare di ricordaríene, per piangerle, facendo fuo pane cotidiano il pianto, e la compuuzione . E molto confidi nell'immenía pierda, 8ciofis nica mifericordia di Dio, che e Padre tanto amoroÍío , chericene il peccator prodigo , che conuertito ritoroa a lui, e mai diíprezza il cuor contrito, 8 vmiliaco , che vá d Íuoi pic» di;aoziche,come Paítor follecico , $e amo- roío , vácercando la pecorella fmarrica: ele con queíta aolía s'affacica di ridurre all oniie la pecora perdura, $ errabuada ; con quanto guíto , e piacere del (uo cuore riccuerá quelia, che daíe tica le ne vadlui? Elcilíno im. menfo amore non ricuía facica , ne viaggi, pet ridurte alla grazía voa Samaricana infangata, e pería nel lezzo de” peccati ; con quanta mag. gior ragione deus V.S. confidare, che cucc” amore la riccuerá , poiche andando a” luoi piedi, lo Ígraua dalla facica d'aodar cercando la fua anima ? 13. P. Padre, ora m'acculo d'rn peccato, che ho lafciato nella confeífione , C. Che peccaco e ? P. Padre, é vo peccato molto grauc . + C. Lo dica figlio , non gatcerifca , od Ñ vergogai ,cheio di nicote mi [paucaco ¿00 fi laíci ingannare dal Demonio; giaché ha facto il piu , faccia il aeao; non ha di che temere , che jo non mi marauiglieró , broché o
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