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NOTITIAE SPARSAE ET TEXTUS INEDITI 39 il loro cordoglio mi crucio molto. Et in questo punto, nel Venerdi Santo, senti in me vivamente gl'affanni e dispiaceri che sentivano ancora tutte quelle donne, che amavano il Signore, per tal partenza. E cio mi affliggeva in modo che non so come restassi in vita. S'accrebbe poi non poco il mio dolore, quando viddi il mio Signore nel Cenacolo atristarsi per la perdita di Giuda, come anche nell'atto tanto umile di lavare gl'immondi piedi del traditore, e che sopra essi spargeva le sue preziosissime lagrime, e mandava infocati sospiri per compassione di quella povera anima. Io per l'eccessivo dolore piangevo con il mio Signore per le anime immerse nelle offese di Sua Divina Maesta; e cercai raccogliere nel mio indegno cuore quelle preziose la– grime del mio Signore. E sentl gran pena mentre viddi questo sommo Bene divenire pallido e mesto nell'annunciare che fece ai cari apostoli che uno di loro lo haveva da tradire, e la tristezza che di cio sentirono gl'altri apostoli m'occupo in modo che compatendo il loro affanno feci loro compagnia col pianto e sospiri. II terribile mi occorse nel razionamento ( !) che fece loro il Signore avanti andasse nell'inviarsi all'orto. E questo dolore si puo comprendere l'essempio di chi accompagna alla morte il piu caro amico che habbia. Giunto che fu il mio Signore al monte Oliveto, entrando nell'orto con li tre apostoli, diede licenza all'orrore de' tormenti e della morte che entrassero nella sua innocentissima umanita; quale subito divenne me– stissima, afflitta et in tristezza di morte. Onde restai ferita di estremo dolore, come chi vede ne' dolori di morte la piu cara cosa che ama. E si rinforzo assieme la pena, mentre viddi che niun conforto veniva somministrato al mio Signore, anzi che esso sommo Bene, compatendo a' suoi cari figli, si allontano da loro, accio non lo vedessero in tanto dolore, mentre l'anima sua innocentissima riceve sopra di se la gran somma de' nostri peccati, et il santissimo suo corpo si spavento per il gran patire che doveva purgare si gran debito, e che tante anime non si sarriano curate di tanto benefizio. Per si gran dolore il benigno Gesu cadendo con la faccia in terra, entro in agonia tale che sudo sangue. E questo dolore occupo e pene– tro talmente l'indegna anima mia e corpo tutti li venerdl, che mi sen– tivo venir meno, e mi conveniva essalare con pianti e sospiri tali, che ero sentita da chi mi assisteva. E nel Venerdi Santo con questo dolore pensai di morire; tanto fu grande; e gustai bene l'agonia della morte in modo che come moribonda mi raccomandavo al Signore, e come lui caduta quasi a terra. L'amore et il dolore erano in me di tanta forza, che fecero uscire dal mio corpo tante goccioline di sangue che quasi al vivo rappresento quel molto che sudo l'amabilissimo Signare, si come si vidde nel primo anno di questo martirio resto impressa la figura della mia faccia a goccioline in un pannicello che poi [ha] havuto Mons. Ill.mo e Rev.mo Ve– scovo, nel quale anche resto la forma delle mie mani, con sangue pfü abbondante, senza confusione dell'uno coll'altro, come si puo anche vedere che la faccia a goccioline e le mani pare che mandino rivoli di sangue, forse significando l'abbondanza che nell'anno seguente in tale agonia ne
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