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26 MELCHIOR A POBLADURA questa conformita. Stando io a servire un'inferma, la quale era venuta tanto in fastidio a tutte, che pareva cosa impossibile a potere piu ve– gliare; et era cosl storpiata che il piu per maneggiarla vi volevano due [57] et appena bastavano. lo, come infermiera, mi elessi di starci la notte da me, e con l'aiuto di Dio mi riusciva bene, e ne pure mi faceva male, come succedeva all'altre. Cosl come l'havevo servita e fatto tutto, io mi ponevo in orazione, e quasi ogni notte havevo qualche visione dí queste cose che gli ho accennato piu volte. Una notte fra l'altre con fare la carita a quella inferma, mi sentij accendere un tal desiderio di patire, e quello che avevo presente mi pareva niente. Molto di cuore lo chiedevo a Dio, et anche stavo raccomandando li peccatori. In un subbito fui ele– vata fuori de' sensi e mi parve che mi si rappresentasse nostro Signore avanti con una pesante croce in spalla, la quale mi faceva intendere che mi voleva fare quel donativo. lo mi remisi [58] alla sua volanta, ma di buon cuore bramavo quella croce. In questo mentre iI Signore se la cavo dalle sue spalle e la pose nelle míe; ma in quel mentre parve a me cosa cosl grave che mi fece cascare per terra, e parevami di non potere r portare] tanto peso; ma in questo mentre mi fece vedere il Signore che stava con la sua mano tenendo la croce. Con tutto che sentivo fosse cosa sopra le míe forze, tanto mi sentivo vigorosa e contenta, e la brama del patire mi andava crescendo. In questo mentre mi parve che Iddio mi dasse alcune communicazioni intime sopra la preziosita della croce, ed anche mi facesse provare un poco di quella pena che pati esso, quando la porto al calvarioª'. Passato buon spazio di tempo, ritornai [59] in me. In questo punto mi sentij levare la croce di spalla. Mi resto per otto giorni un dolare cosl grande, che parevami di haverci una piaga. Ma tanto facevo tutto e non lasciai ne meno l'inferma. Con tutta la pena che havevo, quando dovevo portare l'inferma, quel dolore mi dava desiderij cosl grandi dí piu patire che delle volte avevo menata vía quella informa e fatta cami– nare dove io non me ne ero ne pure accorta; e restavo maravigliata da me stessa. Ma tutto attribuivo alla bonta di detta sorella, che il Signore ci dasse quella forza per sollevamento di essa. Questa cosa della croce e di visione l'ho avuta piu e piü volte, quan– do stavo anche pregando per Ii peccatori; ed adesso e stato l'istesso. Penso sía tutta mía apprensione. Come si sía lascio [60] stare; non do retta a niente di queste cose. 3. - Questa notte et anche oggi sono stata con le mie solite tenta– zioni e turbolenze. Vi sono stati anche li fantasmi, e mi e parso che mi habbiano fatto sentire quel fetore e Ii gridi di quelle anime dannate. Oh quanto mi crucia in sentire quelle maledicenze e bestemmie ! E quel che e peggio, mi van tentando che anche io faccia l'istesso. Oh Dio mio, se potessi chiamare tutte le creature accio venissero meco a lodare e benedire Iddio. Oh quanto saria contenta! Ho pregato la santissima Ver– gine con tutti li beati del paradiso che essi ladino e ringrazijno il Si- 37 De hoc eodem negotio Veronica fusis verbis loquitur cum in altera relatione cum in Diario. Cf. Un Tesoro nascosto I, 172-174. 306-310; II, 277.
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