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IL DUCATO PARMENSE NELLA PRIMA METÁ DEL SEC. XVIII 5 sciava in balia del turbine guerresco scoppiato per provvedere al trono di Polonia. Le truppe alleate franco-sarde vennero a battersi con le imperiali fin sotto le mura di Parma, ammassando in 14 miglia del territorio circostante oltre 80.000 uomini in stato di guerra e 30.000 cavalli. 11 29 giugno 1736 in un grande scontro attor– no alla citta, i due eserciti lasciarono sui campi 9.000 soldati tra morti e feriti 8 • L'orrore di quelle stragi sanguinose echeggia an– cora nell'oratoria giovanile del Turchi, insieme al ricordo di im– prese militari piu recenti 9 , La pace di Vienna del 1737 portava Parma sotto l'Austria. Alla invocazione di aiuto del papa, che vedeva di nuovo trascu– rati i suoi diritti feudali, nessuno bado 10 • 11 nuovo padrone sembro per un poco inaugurare l'opera di restaurazione tra i canti delle nuove colonie arcadiche fondate nel ducato. In realta, gia nel 1740 il paese era nuovamente in armi, conteso tra Carla Emanuele III re di Sardegna, ed Elisabetta regina di Spagna, che lo rivendicava al secondogenito Filippo di Borbone. Ricacciato nel groviglio delle imposizioni, dei passaggi e degli alloggiamenti militari, diviso nel 1743 tra il re di Sardegna. e Milano, unito nel 1744 sotto Filippo di Borbone, per poi scon– tare a pochi mesi di distanza per mano degli austriaci le festose accoglienze fatte agli spagnoli, il ducato ritrovava la pace solo con il trattato di Aquisgrana del 15 ottobre 1748 11 • Gli stati di Parma, Piacenza e Guastalla (dopo la marte del duca Giuseppe Maria Gonzaga accaduta il 15 agosto 1746, anche questo ducato era venuto in possesso dell'imperatrice Maria Te– resa), venivano riconosciuti all'Infante don Filippo di Borbone 12 • Per quanto amara potesse sembrare a Roma la trascuran– za della sovranita feudale pontificia su Parma e Piacenza, Be– nedetto XIV ebbe almeno il conforto di pensar.e che il trattato, di pace non accennasse ad una vera investitura imperiale per que– sti territori, lasciando largo campo alla speranza 1 3. dispensabile scalinata di marmo e, come nota il Muratori, perfino dei chiodi. L.A. MURATORI, Annali d'Italia XIl/2, Roma 1754, 19. Cf. anche E. CASA, op.. cit., 36-42. 8 E. CASA, op. cit., 43-56; L. MoLOSSI, Vocabolario topografico dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, Parma 1833-1834, 335-336. 9 << Sovvenitevi d'allora.., quando (ed oh! quali cose memorar mi conviene! cose· che non ci narrarono i padri nostri: ma noi, noi vedute le abbiamo e di una gran parte spettatori ne fummo), quando messe a ruba, ed a sacco le fiorite nostre cam– pagne, da fiero esercito cinti e mal sicuri entro l'angusto giro di questc mura, dal– l'alte torri il contadino vedemmo pallido e gemebondo lasciar la marra e l'aratro, ed affastellati i men disutili arredi, o correre al monte o nella chiesa ricoverarsi... II Taro, la Trebbia, la Parma nostra tinte di forestiero sangue correano, e noi difesi a miracolo da queste mura, udimmo il rimbombo de' guerreschi metalli... », cf. di– scorso Divini castighi, in Op. compl. XIX, 84-85. 10 PASTOR, Storia dei Papi XV, 693. 11 E. CASA, op. cit., 56-138; T. BAZZI - u. BENASSI, Storia di Parma, 320-321. 12 E. CASA, op, cit., 138-145; cf. anche M. ScHIPA, ll regno di Napoli al tempo, di Garlo di Borbone, Napoli 1904, 482-549. 13 PASTOR, Storia dei Papi XIV /1, 98.

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