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GIANSENISMO E AGOSTINISMO 187 nire. Quest'e la gran dipendenza, nella quale ci ha costituiti il Signore per operare la nostra salute, che non possiamo esser buoni da noi medesimi, e che possiamo esser solamente buoni colla grazia che viene da Dio... Due sorte di grazie suole Dio dispensare alle sue ragionevoli creature; la prima con cui si puo essere buono, ma non si e buono giammai; la seconda con cui si diventa buono sicuramente. Se non abbiamo che la prima, non saremo mai buoni, e non saremo mai salvi. Solamente la seconda ci rende buoni e ci salva. Ma ecco il terribile divino giudizio nella gratuita distribu– zione della grazia. Questa grazia, che salva, non possiamo meritarla, e Iddio non e obbligato a concederla, e non la concede effettivamente agli uomini tutti...; la da ad alcuni, ed e questo un effetto di sua misericordia: la nega ad altri, ed e questo un effetto di sua giusti– zia » 27 • Anche la predestinazione alla gloria e percio assoluta e an– teriore alla previsione dei meriti. II mistero di tale predestinazione e ricondotto a quello della giustizia e della misericordia di Dio, il quale mentre elegge alcuni, che separati dalla « massa di crea– ture dannate » eleva alla gloria per pura misericordia, per oc– culto ma giustissimo giudizio permette che altri, lasciati « nella antica e primitiva loro riprovazione », si perdano eternamente 28 • Parlando della falsa Tranquillita del peccatore, spiega « essere la grazia efficace l'unico mezzo ad ammollire il cuore del– l'uomo, perché da! male risorga, ed al ben volere l'inchini. Se questa grazia ci accorda la divina misericordia da peccatori diventiam giusti: se questa grazia ci nega la divina giustizia continuiamo a vivere tranquilli nell'empieta e non ne risorgiamo mai piu » 29 • E poco sotto compendia: « Una falsa tranquillita ne! peccato e opera della divina giu– stizia in quanto la giustizia stessa per castigare la nostra empieta, ci nega quella grazia forte e robusta, per cui da cattivi diventiam buoni, e quella debole e sufficiente ci lascia per cui possiamo so– lamente essere buoni »3º. Da queste premesse e ovvio concludere che « per !'eterna 27 Op. compl. XVI, 59-69. - « Io parlo sempre, o signori, colle dottrine del– l'apostolo Paolo, del padre S. Agostino, e del suo fedele discepolo l'angelico S. Tom– maso: Scimus .gratiam Dei nec parvulis, nec maioribus secundum merita nostra dari, scimus non omnibus hominibus dari... ». Ivi, 60. 28 Op. compl. XVI, 61-63. - M.a Gesíi. Cristo: « Stende a tutti le amorose sue braccia, offre a tutti le sue piaghe, il suo sangue, fa valere per tutti la preziosa sua morte, e non abbandona mai l'uomo se non e prima abbandonato dall'uomo: Non deserit nisi deser-atur: quest'e la dottrina del padre S. Agostino, anzi la dottrina della cattolica Chiesa... e chi nega questa dottrina, e gia separato dalla comunione -dei santi ». Op. eompl. XVI, 72: Timare di noi medesimi. 29 Op. co·mpl. XVII, 60-61: Tranquillita falsa. - « Se noi siam buoni..., non lo siamo per noi medesimi, né pei lumi del nostro intelletto, né per le risoluzioni -della nostra volanta, né per le favorevoli pendenze del nostro cuore: a dir tutto e non siamo e non possiamo esser buoni colle forze della natura, ma per la sola grazia di Dio. La sola grazia di Dio puo operare in noi che di cattivi diventiam buoni, e che di buoni non diventiam cattivi ». Op. compl. VIII, 14: Frequenza dei .sa,cramenti. 30 Op. compl. XVII, 60: Tranquillita falsa.

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