BCCCAP00000000000000000001361
124 ALLA CORTE DI FERDINANDO DI BORBONE pii, mentre il Llano vigilava perché continuasse l'opera norma– le delle due istituzioni fondamentali per la conservazione dello statu quo della politica ecclesiastica e perché i vescovi non ap– profittassero della pieta del duca per guadagnare terrenoª. Sotto gli sforzi del ministro spagnolo di mantenere accanto a don Ferdinando i collaboratori del· Du Tillot, non pochi degli uomini del vecchio regime finirono con rimanere in favore della corte, senza una vera mutazione di convinzioni personali. Non e percio completamente vero, scrivere che nessuno potesse vivere accanto al duca senza rinunciare interamente al passato e se non ostentando sentimenti rigorosamente ortodossi e reazionari. Come non si puo parlare semplicemente di oppor– tunismo político o di versatilita mentale nei riguardi degli at– teggiamenti degli amici spirituali dell'antico regime rimasti al– la corte, tra i quali, occupano il primo posta il Turchi7, i1 Bodo– ni e il Paciaudi; il quale ultimo sebbene reintegrato nella cari– ca di bibliotecario, preferl tuttavia esulare a Torino, per ritor– nare poi a Parma solo nel 1779, anche per le insistenze del Turchi 8 • La maggioranza dei forestieri si era pero dileguata. Con– tini e Amoretti erano rimpatriati. Tuttavia il ritorno all'antico, frenato e lento, non tolse a Parma né il suo benessere, né i suoi uomini di cultura. Don Ferdinando, smanioso d'indipendenza política, tento pe– ro ogni via per svincolare il suo stato dalla tutela borbonica. 6 BENASSI, op.cit. V, 366-367. 7 « ..• E certo per questa sua mutata condotta, sebbene io non dica ritratta– zione, spiegasi l'esser egli rimasto nelle grazie della corte... e fatto vescovo... ». G. TONONI, Condizioni della Chiesa VI, 418-419. « Un altro, non meno ardente col– laboratore del Du Tillot a differenza di questi tre [Schiattini, Riga, Civeri], ha saputo seguire con piu fortuna il vento nuovo, anche perché protetto dalla veste fratesca e pur continuando ad essere segno delle simpatie dei riformatori e degli odi dei gesuitofili piu accesi: il padre Adeodato Turchi. Dodici anni dopo lo tro– viamo ancora, per lo spirito e l'abilita, con la piena fiducia del sovrano: le sue prediche han seguito in vero, il corso della política interna... ; nel!e sue omelie e lettere pastorali... si scaglia contra i filosofi riformatori... deplora... inveisce... fa bersaglio dei suoi strali le riforme veramente ardite del Granducato e di Mons. de' Ricci. Ne e possibile godere la grazia del duca, se non si segue la piu intransigente condanna delle massime disapprovate dalla Chiesa... ». BENASSI, op.cit. V, 379-380 e anche p.319. Cf. E. BERTANA, In Arcadia, 310-311. - Ma tutti questi autori, í quali non fanno che ricalcare la tesi del Sopransi (Rif lessioni sopra le omelie di Fra A. Turchi I, 12), fanno invero un passo da gigante e da! 1771 arrivano imme– diatamente al 1788, come se anche ne! frattempo il Turchi avesse incarnato lo spi– rito religioso del ducato (L. MODONA, Bibliografia del P. Ireneo Affo, in Arch.Stor. Prov.Parm. 6[1887] 34) esercitando un influsso non sempre benefico su don Fer– dinando (C. CALCATERRA, Il Barocco in Arcadia, 118), cio che, invece, avverra sola– mente dopo le vicende degli anni 1788-90, quando il cappuccino in realta tornera alle idee piu rigorosamente ecclesiastiche. Cf. anche PEZZANA, Memorie VII, 566. 8 )1 Paciaudi abbandono Parma perché conscio di non godere appieno la fiducia del duca: « Cette obsession acheva de décider Paciaudi a se retirer, malgré les instances de Madame Infante, qui lui disait qu'elle avait jeté les yeux sur lui pour l'éducation du rois d'Etrurie et malgré les prieres du capucin Turchi, qui l'assu– rait que cet orage ne serait que passager »..., come annota il Moreau de Saint-Méry in Cenni biografici del Paciaudi, in Ms.parm. 341/I, PBP.
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NDA3MTIz