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di conformarsi il più possibile al rito della professione monastica, parzialmente conservato nel De benedictione abbatis del Pontificale Romano 72 • Il ministro provinciale, o altro debitamente delegato, celebra la messa solenne. Prima di iniziare il rito, il celebrante, accompagnato dai sacri mini– stri, chiede al professante, che tiene in mano una candela accesa: Prater caris– sime, quae est petitio tua? Ricevuta la risposta del novizio, dice: Dea gratias. Dopo una breve esortazione, comincia la Messa. Prima del Vangelo, il cele– brante chiede di nuovo: Visne, frater mi in sancta vocationis tuae professione perseverare et Deo te solemniter consecrare? II novizio risponde: Volo. Segue una esortazione per far sì che tutti si uniscano nell'orazione comunitaria, mo– dellata su quella riportata dal Pontificiale per l'ordinazione del diacono 73 • Tutti stanno in ginocchio e il professante prostrato in terra, mentre si cantano le litanie dei santi a cui si aggiungono quelli dell'Ordine; ad ogni invocazione si ri– sponde: Ora pro eo... , Libera eum, Domine... Le suppliche che seguono al Peccatores... si sostituiscono con altre appropriate, in cui si invoca pace e tran– quillità, perseveranza nella vera castità, obbedienza e umiltà, accrescimento di fede, speranza e carità per il professante. Prima del Fili Dei il celebrante aggiunge, imitando lo stesso atto del rito degli ordini maggiori: Ut praesentem famutum tuum, fratrem nostrum, bene + dicere...; bene + dicere et sancti + ficare ...; benedì + cere, sancti + ficare et conse + crare digneris... 74 • Segue il Veni Creator con i versetti corrispondeni e l'orazione Deus, qui non vis mortem peccatoris... ; ricordata sopra. Il professante si alza da terra e sta in ginocchio con la candela in mano, canta per tre volte l'antifona benedettina Suscipe me, Do– mine... , che già conosciamo. Qui inizia la formula della professione secondo l'uso francescano. Seguono tre versetti e tre orazioni, poi il celebrante dà la benedi– zione di san Francesco al professo. Continua la Messa. All'offertorio il neoprofesso offre al celebrante la candela, come nel rito dell'ordinazione. A suo tempo riceve la pace dal celebrante e si comunica. Finita la Messa si espone il Santissimo e si canta il Te Deum. La cerimonia si conclude con la benedizione eucaristica 75 • Anche il rituale dei conventuali ha delle differenze, non di grande rilievo però, tra la professione semplice e quella solenne. La prima si deve fare 72 Cfr. Pontificale Romanum, Mechliniae 1934, 201-209. 73 Cfr. Ibid. 47. 74 Il canto delle litanie all'inizio del rito della professione appare nell'Orda ad monachum faciendum già fin dal secolo XII; dr. M. Andrieu, Le Pontifica! Romain au Moyen Age I, 174; III, 397s. L'atto di prostrarsi del novizio, che nella sua origine denotò il gesto del convertito che si raccomanda alla pietà dei religiosi, col tempo ebbe diversa interpetrazione, e nell'epoca barocca si cominciò a coprire di fiori la novizia (nelle comunità femminili, il gesto incontrò maggior favore), e s'introdusse perfino, in qualche monastero il canto del Libera me, insistendo nell'idea della morte al mondo. La solenne benedizione, di attribuzione pontificale, alla fine delle litanie, esiste nel rito De benedictione et consecratione virginum, ma senza la terza parte « consecrare digneris », che, omesso nella seconda edizione del Rituale, è riapparso nella terza Cfr. inoltre il rito della professione solenne del secondo Ordine, nello stesso Rituale, p. 398-419, che riproduce fondamentalmente quello De bened. et consecr. virginum citato. 75 Rituale Romano-Seraphicum. Editio tertia, Romae 1955, 294-304. Anche in questo ci sono notevoli varianti tra la prima e le altre due edizioni.

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