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Al Manzoni, in verità, non era sfuggito che i cap– puccini al Lazzaretto di Milano, durante la peste del 1630, confessavano, .giacché scrive: « Di mano in mano che la miserabile adunanza andò crescendo, v'accorsero altri cappuccini; e furono in quel luogo soprin– tendenti, confessori, amministratori, infermieri, cucinieri, guar– darobi, lavandai, tutt~ ciò che occorresse » 22 • Dalle varie cronache, infatti, si può dedurre che i cap– puccini, insieme al servizio pratico sotto ogni forma, pre– starono agli appestati anche « ogni aiuto possibile spiri– tuale » 23 • I cappuccini, però, confessavano anche in altre circo– stanze tristi. Erano chiamati, per esempio, ad assistere i condannati a morte, i militari nelle battaglie - come si è visto per Lepanto -, coloro che restavano mortalmente feriti in duelli o scontri e i moribondi in genere. Il Manzoni, dopo aver narrato il tragico duello tra Ludovico - il futuro fra Cristoforo - e un altezzoso signore, annota: « Un padre [cappuccino], il cui impiego particolare era di assistere i moribondi, e che aveva spesso avuto a rendere questo servizio nella strada, fu chiamato subito al luogo del combattimento. Tornato, pochi minuti dopo, entrò nell'Infer– meria, e avvicinatosi al letto, dove Ludovico giaceva, 'conso– latevi' gli disse: ' almeno è morto bene, e m'ha incaricato di chiedere il vostro perdono, e di portarvi il suo'» 24 • 1.3.4. Significativa testimonianza sulla evoluzione della prassi In un opuscolo in latino degli anni venti del secolo XVII, scritto da certo Bonito Combasson (pseudonimo di 22 A. Manzoni, o.e., eap. XXXI, p. 536. 23 Cfr. G. Santarelli, Documenti cappuccini di interesse manzoniano, Ancona 1973, 80. 24 A. Manzoni, o.e., cap. IV, p. 63. 19

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