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per proprietà ed eleganza (cioè, terse), a espressioni ornate e decorate di falere, vale a dire placche e borchie come quelle usate per decorare corazze e bardature (fallerate), a terminologie imbellettate di sostanze coloranti e di orpelli (fucate). E' appena il caso di annotare come la normativa afferente a questa programmazione culturale, implicante un rapporto con lo studio (e conseguentemente con la pratica dei libri e delle biblioteche), nel volgere dei decenni si sia presentata come quella più sistematicamente rimaneggiata; .e si può pensare che ciò non avvenisse soltanto in rapporto agli impulsi impressi dallo spirito tridentino ma anche da quelli delle trasgressioni. Dicevo, però, che una simile analisi delle norme statutarie cappuccine, oltre che semplicistica, non aiuterebbe a cogliere un loro più concreto « coordinamento storico e logico » con una società globale, la quale nel caso specifico della primitiva programmazione è sostanzialmente quella del primo trentennio del Cinquecento italiano. Sul contesto religioso e culturale di quegli anni ho avuto occasione di parlare, di recente, in un convegno nazionale su S. Francesco e il francescanesimo nella letteratura italiana dal Rinascimento al Romanticismo - un'assise di studio promossa dai maggiori cultori della corrispondente storia letteraria nazionale -, trattando di Un Cinquecento francescano che contesta « novelle, poesie, historie e li prurienti canti » 22 • Dopo avere preliminarmente osservato, in quell'occasione, come la formulazione del mio assunto fosse mutuata dalle Costituzioni che i cappuccini si davano, nel 1536, agli inizi di una riforma francescana sbocciata all'indomani di quella promossa dai riformatori protestanti nel più vasto campo della Chiesa, aggiungevo che anche la nuova riforma minoritica, benché sollecitata da secolari tensioni interne al francescanesimo, nei suoi inizi appare sorretta da una fiducia cosl totale nella 22 Convegno tenuto in Assisi (18-20 maggio 1989), i cui Atti sono in corso di stampa (Roma, Bulzoni Editore). L'espressione « prudenti canti» (Costituzioni cappuccine del 1536, in I frati cappuccini, I, p. 418, n. 372), sta per letteratura sollecitante, per canti pruriginosi che titillano la sensualità e forse anche per musica «figurata» in genere. In questo senso si potrebbe addurre l'invito rivolto da Vittoria Colonna agli altri francescani a lasciare, tra l'altro, i « canti figurati», in un esposto fatto a Paolo III nel 1536 (I frati cappuccini, Il, p. 204). 14
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