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506 Lazaro Iriarte landola, senza tradirla, per il nostro tempo. In una simile proiezione del passato sul presente, c'è posto per una vera creatività? Un esame dei capi– toli che riguardano i nuclei fondamentali dell'ideale francescano rivela in che misura gli uomini del Capitolo del 1968, e anche quelli del 1982, ebbero la coscienza di impegnare l'Ordine intero in un adattamento coraggioso. l. La «pluriformità», per un'ossevanza più fedele della Regola Già dal primo testo del 1536, fino a quello del 1925, si leggeva nelle Costituzioni: «Si lascino ferme queste Costituzioni, secondo le quali abbia a vivere ed essere regolato con santa uniformità tutto l'Ordine nostro» (CC 1925, n. 249). È da notare tuttavia, che nelle Costituzioni redatte nel 1896, la cui ap– provazione pontificia fu ostacolata come detto sopra, questa clausola era stata espressamente soppressa. Anche nella tradizione ecclesiale l'uniformità era ritenuta come un requisito e un fondamento dell'unità, finché il Vaticano II aprì ampia– mente la porta al pluralismo, fondandosi sulla universalità della Chiesa (cf. LG 12s). Lo stesso dato della presenza dell'Ordine in tante aree culturali così diverse, dove non è possibile un modo uniforme nell'osservanza letterale della Regola, fece sorgere nel Capitolo del 1968 il tema della pluriformità, che fu causa di non poche tensioni, non tanto a motivo del tema in se stesso, quanto per quello che si sospettava fosse celato dietro la proposta. Erano, infatti, i tempi in cui in molte regioni stava scomparendo l'abito re– ligioso. La redazione dell'attuale n° 5 del capitolo 1° fu laboriosa. Sarà ripro– posta nel Capitolo del 1974 e nuovamente in quello del 1982. Così come è rimasto il testo nella redazione definitiva, non pare che questa innovazione abbia a produrre scandalo. Anzitutto si precisa la finalità: «Che la Regola e le intenzioni del Padre legislatore possano essere osservate ovunque fedel– mente». È compito dei superiori maggiori creare modi, anche pluriformi, più adatti alla vita e all'apostolato dei frati. «La vera pluriformità è quella che, salva sempre l'unità dello stesso spirito genuino, ha il suo fondamento nella comunione fraterna e nell'obbedienza ai superiori». Tutto questo in virtù della «libertà evangelica», specialmente «in ciò che riguarda il rinno– vamento della nostra vita».
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