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498 Lazaro Iriarte pienamente informata dei nuovi condizionamenti sociali moderni e delle esigenze esistenziali della nostra vita, ma nella fedeltà ai principi dottrinali comuni. C'era finalmente una minoranza che ogni tanto provocava subbu– glio con delle opinioni dissonanti, benché poi le applicazioni proposte non fossero troppo differenti dalle altre. Nonostante le divergenze, si può dire che l'unanimità fu quasi com– pleta nel formulare i principi della vita e della spiritualità francescana e nell'accettarli come base imprescindibile per un aggiornamento valido. Non fu così facile, invece, definire su quale modello tracciare l'immagine del cappuccino da offrire al mondo di oggi, cioè gli elementi della sua identità. a) Il ritorno a san Francesco. Nelle Costituzioni del 1536 c'era scritto, in coerenza con il cristocentrismo sopraccennato: «Ognuno si sforzi di imitare questo nostro padre, dato a noi per regola, norma ed esempio, imo il nostro Signore Gesù Cristo in lui» (1,6). Il testo è stato accolto, in altre parole ma nello stesso senso, nelle Co– stituzioni del 1968: «Per apprendere lo stile di vita del vero discepolo di Cristo, stile che in modo mirabile rifulse in Francesco, sforziamoci di imitarlo, coltivando diligen– temente con la vita e con le opere il suo patrimonio spirituale» (1,3). Cristo è sempre il centro di riferimento: in Lui e nella sua sequela trova il frate minore la sua vera identità, come la trovò Francesco. b) Il ritorno alla Regola. Non fu difficile mettersi d'accordo sul ritorno al Fondatore come «regola viva». Non si può però dire lo stesso riguardo alla Regola scritta, che le antiche Costituzioni designavano «piccolo spec– chio nel quale riluce l'evangelica perfezione» (1,2). Qui non si trattava sol– tanto di tradurre la fedeltà allo spirito, secondo le «intenzioni» evangeliche di Francesco. La lettera, redatta in un contesto storico così diverso dal no– stro, era canonicamente vincolata da secoli a una lettura imposta dalle successive dichiarazioni pontificie, in disaccordo con il senso voluto dal Fondatore, proprio negli impegni evangelici più essenziali. La commissione precapitolare, nel preparare lo strumento di lavoro, non si sentì autorizzata a fare a meno delle suddette dichiarazioni, special– mente in ciò che riguarda i capitoli IV e VI della Regola. Il testo presen– tato al capitolo parlava ancora della distinzione tra «proprietà giuridica» e «semplice uso», tra «uso di diritto e uso di fatto», secondo la terminologia degli espositori della Regola. Ma non tardò a levarsi, in seno ad alcuni

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