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382 LAZZARO IRIARTE sero in detto luogo, senza alcuna contradizione s'abbiano a parti– re et andar in altro luoco a far penitenza con la benedittione del Signore». E te Costituzioni del 1536: «Si è determinato che in ogni loco si tenga un inventario, dove si scrivino tutte le cose di notabil valore, per nostro neces– sario et semplice uso prestate da li loro patroni. Et infra la octava del serafico Padre, ciascheduno Guardiano vada in pri– ma al patrone del loco, et regratiandolo del loco a loro prestato nel preterito anno, umilmente el preghino che si degni prestar– lo ai frati etiam per uno altro anno. Al che quando consentirà, potranno con secura conscientia abitarvi. Ma quando non voles– se, senza alcun segno di ,tri,sticia, imo con alegro core, accompa– gnati della divina povertà, si partirano, ricognoscendosi obbliga– ti per il tempo che H fu prestato, et non offesi, se essendo suo non el prestarà, non essendo tenuto. Et simile faccino di tutte le altre cose di notabil valore, etiam portandole a ,li loro patro– ni [ ... ]» (n. 70). «E guardinsi li frati che non pigliano alcun loco con obligo di tenerlo [ ... ]» (n. 72). Non c'è da menav,igdiaTSi che, passato il tempo eroico dei primi decenni, un tale eroismo diventasse insostenibile. Infatti tutto questo testo fu soppresso nella nuova redazione delle Cos,ti– tuzioni nel 1552. Bernardino da Colpetrazzo ne dà il motivo: «Questo si è poi lasciato parché s'infastidivano i padroni; e parne ancora che, ,essendo Ja spesa fatta da diversi, poteva es– ser oocasione di discordia o altro inconveniente. Ed è bastato ai frati aver dichiarato che non hanno giurisdizione alcuna in detti luoghi e che sono prontissimi a partirsene qualvolta saran– no licenziati» 10 • A questo spirito di pellegrinaggio rispondeva il modo sem– plice e provvisorio delle d~more. All'inizio erano eremi o luoghi abbandonati. Le Costituzioni di Albacina prescrivevano che tut– ti i luoghi fossero presi fuori delle città, ma non troppo distan– ti, e fossero fabbricati «più umilmente che sia possibile di vimi– ni et Iuto, ovvero pietre e terra, eccetto la chiesa, la quale si faocia picciola... Et che le celle appareno et siano picciole et povere, in modo che abbiano più tosto similitudine de sepulcri 10 MATTIA DA SALÒ, Historia Capuccina, ibid., V, 279. Cf. BERNARDINO DA CoLPETRAzzo, ibid., IV, 22s.

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