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"A tutti i cristiani: religiosi, chierici e laici, uomini e donne; a tutti coloro che abitano nel mondo intero: frate Francesco, loro umile servo, mio ossequioso ri– spetto, pace vera dal cielo e sincera carità nel Signore. Poiché sono servo di tutti, a tutti sono obbligato a servire e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore..." (LFi ls: FF 179s). Avendo presente questa prospettiva teologica di Francesco, si può capi– re la sua posizione inibitoria nel clima inquisitoriale esistente contro gli ereti– ci, come anche il suo impulso incontenibile ad andare incontro agli infedeli in piena campagna della crociata. Questo stesso istinto di fede, che gli faceva vedere il mistero della redenzione presente e operante in tutto il mondo, gli dava la convinzione che Dio non fa discriminazione ( cf. Rm 2, 11; Ef 6,9; Col .3,25 ); e che quindi la grazia della conversione è offerta ad ogni uomo di volon– tà retta, anche se sarà nell'errore. Gli storici fanno notare l'assenza d'invettive contro gli eretici negli scritti e nella predicazione del Santo, in una congiuntura di vera psicosi riguardo al pericolo dell'eterodossia in tutta l'Europa. Nemmeno i biografi gli attribuisco– no un gesto o un miracolo polemico contro gli eretici, come invece si raccon– tano di Sant'Antonio e di altri santi del tempo. E non è che Francesco igno– rasse l'esistenza delle sette; consta che nella stessa valle di Spoleto c'era qual– che focolaio di catarismo. Lui si preoccupò, sì, che la sua fraternità fosse im– mune dal contagio (Rnb 19, 1; Rb 2,2; Test 31), affermò con enfasi quello che gli eretici negavano e, soprattutto, professò ferma adesione e sottomissione alla santa Chiesa Romana (Rb 12,3s) 1 • Nella stessa panoramica della fede di Francesco trovano spiegazione, soprattutto, i suoi viaggi missionari verso il nemico comune: quando c'era la persuasione generale che tra i saraceni si va o per uccidere o per morire marti– re, lui si propose dimostrare che c'è un altra via più evangelica. Dopo due tentativi senza successo, finalmente riesce, a Damiata, ad attraversare la linea dello scontro armato tra la croce e la mezza luna, arrivare alla _presenza del sultano Melek-el-Kamel e attirarsi la sua amicizia. I biografi dell'Ordine, Tommaso da Celano e san Bonaventura, presen– tano l'impresa come un fallimento: il Santo non ottenne la conversione del sultano né il martirio. Soltanto due cronisti occasionali, Giacomo da Vitry ed Emoul, testimoni immedia_ti, seppero captare la forza di testimonio cristiano del gesto del Poverello, il quale, lungi dal ritenersi uno sconfitto, portò con sé - 34 -
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