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RICONCILIAZIONE ,E PERDONO 437 Arrivato alla « presenza del soldan superba», non vuole vedere in lui il capo dell'altro blocco nemico. Per lui si tratta soltanto di un uomo, un uomo che ha un'altra fede, forse più coerente di quella dei principi cristiani. Intavola il dialogo da uomo a uomo, persuaso che il sultano, come qualunque altro uomo, è raggiunto dall'offerta di perdono e di pace dello stesso Dio, che vuol salvare tutti. E trova in lui un uomo che cerca con rettitudine la via della salvezza. Le fonti storiche sono concordi nel costatare che Francesco si guadagnò la simpatia e l'affetto del sultano. Giacomo da Vitry, in lettera scritta a Damietta nella primavera del 1220, aggiunge che Melek-el-Kamel, licenziandolo con tutti gli onori, disse in segreto a Francesco: « Prega Iddio che si degni ispirarmi quale è la religione alla quale piace a Lui che io aderisca» (FF 2212). Le fonti contemporanee, interne all'Ordine, presentano il viaggio del fondatore come un fallimento, giacché non raggiunse nessuno dei due scopi che gli attribuiscono: né la conversione del sultano né il martirio. Lui però, certamente, non ebbe l'impressione di aver subito un insuccesso. Francesco non andò a polemizzare, forse nemmeno a convertire; andò a dare una testimonianza cristiana di umiltà e di amicizia, chi sa se anche a riparare per tanto sangue sparso sotto il segno della croce. Sembra storicamente certo, anche per la testimonianza di una cronaca araba, che, proprio nell'anno 1220, dopo la visita di un mi– sterioso monaco venuto dall'occidente, si osservò un notevole cambio nelle abitudini morali di Melek-el-Kamel. Anzi, in contrasto con la crudeltà usata dai capi della crociata a Damietta con i prigionieri musulmani, lui si mostrò mite e generoso, concedendo libertà ai dete– nuti cristiani. Il che è attestato dalle fonti occidentali 4 • Francesco si rallegrò alla notizia del martirio sofferto dai com– ponenti dell'altra spedizione diretta al Marocco. Ma non approvò il metodo. Ormai doveva essere superata quella mentalità di crociata, secondo la quale agli infedeli si va o per uccidere o per morire martire. Aggiunse quindi un nuovo capitolo alla Regola: Di coloro che vanno tra i saraceni e altri infedeli. Il titolo già ci colloca davanti al destino dei frati mìnori di « an– dare per il mondo » (Reg I,14; II,3: FF 40,85). Il mondo geografico, per Francesco, è lo spazio legittimo sia dei cristiani come degli altri; a tutti devono portare i frati minori il messaggio di amore e di pace. 4 Cf. F. De Beer, François que disait-on de toi ?, PaDis 1977, 77-88.

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