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48 DALLE ORIGINI AI PRIMI DEL SETTECENTO ferito se non ai fanciulli, cosa che induceva gli indios a portare i loro bambini ai missionari in una gara commovente: « E' im– possibile - scrive p. Ivo 79 - dire a parole il contento e la gioia che provavamo nel vedere questi poveri selvaggi recarci sponta– neamente i loro figli per ricevere il battesimo, coperti di qualche pezzo di tela ricevuta dai francesi». Il battesimo era però dato anche ai moribondi e ai vecchi, dopo sufficiente istruzione, e in questi casi erano i missionari che si spostavano, secondo il bi– sogno, di aldea in aldea. Con gli altri invece si usava una prudente severità sia per– ché difficile toglierli alle loro inveterate abitudini e sia per dare loro una migliore istruzione. Scriveva p. Ivo al ministro provin– ciale di Parigi : « Se volessimo battezzare tutti quelli che con insistenza lo richiedono, già avremmo superata la cifra di trenta o addirittura di centomila. Costa molto far loro comprendere la ragione del rifiuto : io mi scuso con dire che siamo in pochi e li rimando a quando saranno arrivati i nuovi missionari8°. Intanto cerco di catechizzarli sulle verità principali ed essi prestano una meravigliosa attenzione, ammirando i misteri del cristianesimo » 81 • Poiché il desiderio di farsi cristiani dai Tupi n amba si era comunicato alle tribù del continente, come i Tap u y tap era, i Tabajaras e i Comma o Cuma 82 , i due missionari su– perstiti puntarono con più larghezza sulla tattica del catechistato, che diede frutti insperati. Tra i Tap u y tap era, ad esempio, merita di esser ricordato un certo Martino Francesco, battezzato nella festa della ss. Trinità del 1613: egli divenne un neofita tanto fervente che, pur avendo moglie e figli, si diede a percorrere tutti i villaggi « tapuytapera » sollevando tale entusiasmo che tutti ri– chiedevano il battesimo. A lui seguì p. Arsenio da Parigi comple– tando l'opera del catechista: costruita una chiesa-capanna e am– ministrato il battesimo a un gruppo di ragazzi, il missionario vi collocò un « maestro della preghiera» assicurando che, « giunti dalla Francia i nuovi Cara y ba s » 83 , uno vi avrebbe fissato la sua stabile dimora 84 • 79 Suitte de l' histoire, 233s. so Si tratta, ovviamente, della spedizione guidata da p. Arcangelo de Pem– brok, partita dalla Francia nel marzo del 1614. I pp. Ivo e Arsenio rimasero soli un anno e mezzo. 81 Cf. CLAUDE D'ABBEVILLE, l-Iistoire de la Mission, 382v-383. La lettera, in data 15 luglio 1613, fu mandata con due navi francesi di Dieppe che avevano sostato nella baia di S Luis. 82 Questi indios, indicati col nome del fiume lungo il quale erano stanziati, erano divisi in 11 aldee, di cui p. Claudio dà il nome con il relativo capo. I-Iistofre della Mission, 187v-188. 83 Cara y ba ( « Padri o Profeti») era il titolo dato dagli indigeni ai mis– sionari. Ib., 383v. Il termine, dai successivi missionari del Maranhao, fu impiegato a esprimere il concetto di « angelo ». Cf. MARANHAO, Poranduba, 211. 84 Questo Martino Francesco era uno dei capi tra gli indios Tap u y tap era e la sua conversione, accompagnata da fatti straordinari, è così raccontata da p. Ivo: « S'estant trouué un Dimanche à la Messe des Cathecumenes (car nous leur per– mettons cela), comme ie donnois l'eaue benite en estant tombé sur luy, elle luy pe-

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