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DOCUMENTI 501 poco più di 200 vocaboli ed è di una pronuncia aspirante gutturale e dif– ficilissima. I nomi e i verbi non hanno il plurale, né declinazione né co– niugazione. Il verbo amare è sempre alla medesima voce invariabile per tutti i tempi, modi, numeri e persone e tutto dipende dalla pronuncia e dai gesti per indicare il singolare o il plurale, il presente o il passato o il futuro. Da ciò si conosce l'estrema difficoltà di apprendere tal lingua da chi non è nato tra di essi. Bisogna che li frequenti più anni prima di arrivare a farsi intendere. Questo è uno dei principali ostacoli per la loro conversione, istruzione e salute, come pure perché non vogliono sortire dalle loro selve, sia per non abbandonare la vita girovaga, libera e oziosa, sia per non essere costretti a travagliare per vivere, sia per il timore di essere fatti schiavi dai civilizzati, essi e i loro padri... portano un naturale amore e attacco ai loro luoghi nativi come ama i suoi eterni ghiacci l'abitatore della Laponia e della Groenlandia, trovano ivi senza travaglio tutto ciò che è necessario alla vita, godono di una libertà per– fetta, vivono in pace ed amore tra i membri della medesima tribù: per tutto questo si credono felici e forse temporalmente Io sono, ma manca loro il vero fondamento della felicità che è il chiaro conoscimento di Dio e della celeste sua religione, e solo di tal cognizione può gloriarsi la crea– tura ragionevole. L'uomo non può essere veramente felice che in D i o . - L'uomo dotato di anima immortale spirituale, creato per un bene eterno, infinito, subblimato a uno stato sì nobile da gareggiare con l'angelo, anzi fatto a somiglianza del medesimo Creatore sino a sem– brare una divinità creata, e dichiarato figlio dell'Eccelso, esso trova nel suo cuore un vacuo immenso che non può essere riempito da cosa creata per quanto piacevole e grandiosa, e per poco che entri in se steEso si trova infelice anche in mezzo alle più lusinghevoli felicità temporali, le quali non sono che una vera follia e una vera afflizione di spirito. Dio solo può soddisfare il cuore dell'uomo, e riempirlo di una gioia tutta pura, ineffabile e celestiale. A n g u s t i a de l p a g ano in v i t a e più in mo r t e. - Quindi è che i suddetti selvaggi non possono essere realmente felici nem– meno temporalmente, perché privi della cognizione di Dio e dei mezzi per possederlo eternamente, che è l'unica base della vera felicità anche temporale. Benché si prescinda dall'orribile aspetto del loro futuro de– stino e della sgraziata sorte che li attende come pagani - il che essi non conoscono o assai imperfettamente - qual lenitivo, qual conforto pos– sono mai avere nel male, nelle sventure di cui è piena la vita, quando non siano certificati dalla fede che le presenti afflizioni pazientemente sofferte sono sementi di una felicità perpetua e si cangieranno in gaudio sempiterno? La certezza di una vita eternamente felice e gloriosa non fa forse brillare di gioia il cristiano anche in mezzo alle più crude am– basce? Ma per chi non ha tale certezza non trova conforto alcuno in tali affanni e la morte è risguardata come il sommo dei mali: Omnium- ter– ribilium maximum. Povera gente a cui gli ultimi aneliti della vita di– vengono i momenti più disgraziati della medesima. La doglia intern che opprime in tal punto il suo spirito è forse più intensa e micidi del dolore che uccide il suo corpo. Il moriente pagano volge into languido sguardo ai melanconici spettatori che Io circondano, alza a s le mani pesanti e gelate, mastica alcune parole cui l'affanno tronc

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