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IL COMMISSARIATO GENERALE 237 zioni o preminenze di razze; le prescrizioni della S. Sede in propo– sito; il concetto erroneo ed anticristiano su cui s'impostava tale ingiustizia umana e cioè che i neri fossero di razza inferiore; la falsità del pretesto che gli schiavi, una volta liberati, avrebbero potuto abusare della loro libertà; le funeste conseguenze dei mal– trattamenti loro inflitti, i quali finivano per abbrutirli completa– mente e staccarli dalla religione. La seconda parte contiene norme particolari secondo le quali i missionari debbono regolarsi; natu– ralmente essa tien conto della perdurante legislazione brasiliana che ammetteva la schiavitù, ereditata dai tempi coloniali; tuttavia ben evidente appare la ripugnanza del suo spirito verso un istituto che ledeva i fondamentali diritti della persona umana; con affet– to di padre ma anche con l'autorità che gli veniva dal suo alto uf– ficio, egli insisteva sul dovere d'istruire gli schiavi e di addolcir le loro condizioni in attesa che venisse eliminata tale umana ingiu– stizia rn. Nella lettera circolare del 26 luglio 1852 egli prende come spunto le decisioni giunte da Roma a riguardo della povertà e dell'uso del danaro per insistere sulla stima e l'amore a questo caposaldo della spiritualità francescana; soggiunge che il buon esempio dato al popolo dal missionario povero, umile, distaccato da ogni cosa terrena e tutto dedito al servizio di Dio e delle anime è conditio sina, qua, non per ottener frutto nel ministero ; solo cosi il cappuccino può realmente corrispondere alla sua vocazione apo– stolica e rendersi degno dei popoli ai quali porta il suo messaggio spirituale di salvezza 17 • L'opera di p. Fabiano, spesso costretta entro le morse del rega– lismo e dello strapotere massonico, non poté spiegarsi in tutta la sua efficacia; i suoi interventi diretti e indiretti nello spostamento di missionari per raggrupparli in modo che fosse provveduto alle esigenze spirituali di ognuno e al progresso della missione, molte volte cozzarono contro difficoltà insuperabili; tuttavia la sua pru– dente tattica salvò talora situazioni disperate e, in generale, con– tribuì a mantenere l'azione missionaria a un alto grado di effi– cienza. Personalmente egli godette a Rio grande prestigio acqui– standosi con la sua dottrina, carità e attività instancabile la stima e la simpatia di ogni classe di persone, sia nel mondo politico come in quello ecclesiastico. Per vari anni egli tenne anche la cattedra di teologia nel monastero dei benedettini di Rio 18 • 16 Si vedano le 6 norme stabilite in proposito dal commissario e riassunte con una certa ampiezza da FIDELIS DE PRIMERIO, Capuchinhos, 252s. 17 Cf. FIDELIS DE PRIMERI0 1 op. cit. 253. E' però da notare che già in data 17 aprile 1847 aveva inviato ai prefetti una circolare equivalente. Cf. AGMC, H/86, H/6. Incidentalmente segnaleremo qui che il principio esposto da p. Fabiano (la vita po– vera del missionario per rendere fruttuoso il proprio ministero) fu costante nella metodologia missionaria cappuccina; si vedano, ad esempio, le norme stabilite da p. Giuseppe da Tremblay (l'Eminenza grigia) per i missionari del medio Oriente nei primi decenni del seicento. Cf. METODIO DA NEMBRO, Studi missionari, J4. 18 Cf. GIUSEPPE DA CASTROGIOVANNI, Notizie storiche, 80,
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