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FEDELE DA PANNA, ANTONIO M. DA VICENZA E IL BREVILOQUIO 659 di rimonta crescente di attività e interessi dell'ordine domenicano che sta acqui– sendo sempre più spazi di interventi - con due prodotti di richiamo: uno di più alto profìlo scientifico, destinato a un pubblico elitario, quello fornito appunto di Fedele, l'altro più divulgativo, rivolto a un pubblico più vasto. Essendo ormai i giochi fatti, Fedele non ha che una soluzione da proporre a Bernardino: continuare a permettergli di star fuori (già di fatto lo era) dalla Pro– vincia in cui si trova il confratello. Gli comunica infatti: La mia ultima, 5 maggio fu spedita prima ch'io ricevessi la sua del 3, impostata il 5 [cf. lettera 19]. S. P. Rev.ma mi dice eh' io debba continuare il mio lavoro, senza curarmi né delle lodi di chi mi ammira, né dei biasimi di chi tende a deprimermi e che pei colla– boratori faccia con quelli che ho, sperando Ella di trovarne qualchedun altro. Le sue ammonizioni ed esortazioni mi sono sempre care come quelle di un Padre, e mi fanno bene: ed Ella a sua volta non avrà discaro ch'io Le apra sullo stesso argomento l'animo mio, sapendo bene eh' io non ho nessuna difficoltà di confessarmi a Lei anche per lettera. Le dico adunque coram Deo che nella bilancia della mia mente pesano infinitamente più i sacrifici, le pene e le difficoltà [...] del mio lavoro, che tutte le lodi che me ne potessero dare gli uomini[...]. S'io amassi gli allori del mondo avrei preferito di com– piere il mio lavoro sul Breviloquio e di fare altre cose ancor più facili, al consumar la vita per l'edizione di tutte le opere di S. Bonaventura. Ma io preferii questa al lavoro sul Breviloquio, disposto a fare altrimenti s'Ella avesse voluto, in vista del maggior bisogno e del maggior bene, e senza punto ignorarne le difficoltà e i maggiori sacrifici ch'avrei dovuto fare. Fare un'edizione come aveva ideato S. P. Rev.ma, sarebbe stata una cosa meschinissima, non corrispondente al bisogno, poco degna, per non dire indegna, di un Ordine. Naturalmente bisogna avere studiato l'argomento ed avere le mani nella materia per giudicarne bene, ciò che non poté ne può fare S. P. Rev.ma, occupatissima com'è da tante cure diverse, e spesso disgustose. Finalmente le mie ragioni, la mia insistenza, o meglio il buon Dio, persuasero a V. P. Rev.ma che biso– gnava fare un lavoro radicale. Così ora io prego il buon Dio e S. Bonaventura di per– suadere a V.P. Rev.ma che la nostra impresa[...] abbisogna di altri collaboratori [...]. Quanto all'avvicinarmi e potermi intendere col p. l. Antonio vedo ben difficile ora, non solo per la diversità del temperamento, ma perché il Breviloquio pone fra me e lui un muro di divisione, che sarebbe in mio potere di levare solamente nel caso che S. P. Rev.ma mi facesse abbandonare l'edizione di S. Bonaventura per sempre. Trascrivo la conclusione della lettera che scrissi al p. l. Antonio da St. Trond: "Affinché pertanto non vi fosse alcuno inconveniente né per noi né per Lei nella nuova edizione del Breviloquio ch'Ella sta preparando, bisognerebbe che noi potessi– mo accettare il suo lavoro ripubblicandolo nella grande edizione. Ma io non solo non mi prometto di poter ciò fare, ma temo possa darsi il caso ch'io in forza delle scoperte
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