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656 BARBARA FAES DE MOTTONI tutti i cristiani, e particolarmente dei Reli– giosi. Quanto sarei consolato se foste più giusti, più equi, più amorevoli scambievol– mente! Beato e doppiamente benedetto sia quegli di voi che primo farà di ravvi– vare la santa fraterna carità fondata sulla scambievole stima [...] (Lettera del 3 maggio 1874, AGOFM, Collegium Qua– racchi SK 487, c. 406; Pizziolo, 262-263; Buffon, 687 nota 89). AGOFM, Collegium Quaracchi SK 487, c. 399; Pizziolo, 264). Fedele, prima di ricevere questo messaggio di Bernardino che invita alla riap– pacificazione in nome di un atteggiamento più caritatevole, fa il primo passo in questa direzione. In una sofferta e accorata lettera del S maggio indirizzata sempre a lui, egli perdona Antonio Maria da Vicenza per amore di Dio, della sua anima, di Bonaventura e di Bernardino stesso, ma rivendica i suoi inalienabili diritti, ai quali potrebbe rinunciare soltanto rinunciando a fare la sua edizione. Nella lettera, che testimonia tutto il disagio, l'amarezza e la solitudine provati in quei giorni di aprile, scoprendo sotterfugi, falsità e doppiezze dell'ambiente veneziano, egli riper– corre - secondo il suo punto di vista - l'intera vicenda: dai tempi del Belgio quando segnalava la sua opposizione alla ristampa del Breviloquio, per l'incapacità del confratello e il pericolo di doverlo un giorno smentire provocando così una frattura in seno alla loro comune Provincia di appartenenza, con il pericolo di doverla abbandonare; al suo assenso, anzi - a suo dire - gioia per questa ristampa perché aveva saputo che emendata, consisteva in massima parte in un collage di passi paralleli tratti dalle altre opere di Bonaventura, "opportunissimo" per il Cen– tenario; al suo stupore e dolore quando scopre che il lavoro di Antonio Maria è stato confezionato servendosi a sua insaputa di suoi materiali; all'atteggiamento ambiguo e contradditorio di Giovanni da Rovigno, che dinnanzi ai suoi confratelli giustifica da un punto di vista teorico la liceità di siffatta operazione, ritenendo le tesi usate patrimonio pubblico, dal momento che fatte ed esposte da Fedele in funzione degli studenti; e che, dinnanzi a Fedele stesso, mentre prima ha negato che il Borgo le abbia utilizzate 8 3, ora messo alle strette, ammette, ma con l'atte– nuante che ciò non sarà di danno per Fedele e che tale modo di procedere è usuale per Antonio Maria. 83 Cf. supra lettere del 25 e del 28 aprile 1874.
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