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FEDELE DA FANNA, ANTONIO M. DA VICENZA E IL BREVILOQUIO 655 Bernardino ad Antonio Maria da Vicenza: Il p. I. Fedele m'ha rescritto per giustifi– care la sua asserzione che tu ti sei servito delle tesi sue pei tuoi sommarii, e soggiun– gemi poi che egli non ha sparlato contro di te, ma tu sparli di lui, e avversi la edi– zione, ch'io gli ho commesso, delle opere di S. Bonaventura. Se tu ti sia servito o no delle sue tesi, non so: dico peraltro, e l'ho scritto al p. l. Fede– le, che senza conoscere le sue tesi, uno può far benissimo quei sommarii, perché ci sono già expressis verbis nel capo di ciascun capitolo, e basta cavarli fuori. Che tu avversi la nuova edizione, non posso persuadermelo, si perché sarebbe una troppo bassa passione quella che ti move– rebbe, e non te ne credo capace; si perché non fosse altro, quella nuova edizione è voluta da me. Ma quello che è vero si è che tu hai del p. l. Fedele, e lo fai conoscere, una disistima e un'avversione eh'egli non merita. Il p. I. Fedele ha, come li hai tu, i suoi difetti, l'uno d'un genere, l'altro d'un altro; ma in fondo è un bonaccio, e ha coscienza, e ascolta la voce del Superiore, e vuole since– ramente il bene, quantunque forse non sempre per quei mezzi, e con quei modi che altri potrebbe desiderare: lo che di– pende principalmente dall'indole natu– rale. Ciò posto, io credo, e questo pure ho scritto al p. I. Fedele, che voi avete torto entrambi, in quanto non avete l'uno dell'altro quella stima che ciascuno di voi merita, e non vi trattate con quella carità umile e benigna, che pure è un dovere di Bernardino a Fedele: Ho ricevuto e letto le due sue lunghe lettere, anzi tre [cf. lettere del 25, 28 e 29 Aprile 1874]. [...] Pel P. L. Antonio che dirò? Senza entrare in questioni, dico che il P. Fedele e il P. Antonio hanno l'uno e l'altro i loro difetti, ma che in fine sono entrambi due buoni cristiani, e degni di stimarsi e di amarsi scambievolmente più che non si stimino e non si amino. E io sarei consola– tissimo se arrivassero una volta ad avvici– narsi e ad intendersi un po' meglio. Pur– troppo la diversità del temperamento naturale vi si oppone, ma la carità di G. C. dovrebbe superare tutto. Chi sa? Speria– mo. Ella continui generosamente nel suo lavoro: non si curi né delle lodi di chi l'ammira, né dei biasimi di chi tende a de– primerla. Testa dritta, l'occhio a Dio, e avanti r ... l (Lettera del 3 maggio 1874,

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