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FEDELE DA PANNA, ANTONIO M. DA VICENZA E IL BREVILOQUIO 653 Fedele è esasperato e individua in Antonio Maria la causa di tutte le sue diffi– coltà, tanto che il giorno dopo, il 29 aprile, nuovamente scrive una lunga e veleno– sa lettera a Bernardino, sfogandosi del comportamento arrogante del confratello. Da essa emerge un ulteriore elemento di scontro tra i due, questa volta dettato da motivi economici: il Borgo"per egoismo" ostacola la nuova edizione augurandosi che non arrivi a compimento, non soltanto istigando i collaboratori del da Fanna ad abbandonarla per farli lavorare alla sua ristampa del Breviloquio, ma anche per– ché si è visto e si vede negare denaro per le sue pubblicazioni a causa delle ingenti spese della "nuova edizione" di Bonaventura. Ancora una volta come nelle prece– denti lettere, il da Fanna ripete al Generale di non aver fatto parola con nessuno del "furto" delle tesi, tranne che con Giovanni da Rovigno, il protetto del Borgo, e con Ludovico da Pedavena 81 • teologico di ciascun capo: è propriamente la retta distinzione delle singole tesi d'ogni capo (che è la base), e lo svolgimento teologico di ciascuna tesi separatamente dall'altra. Se così le piace, in questo senso il mio lavoro sarebbe lo svolgimento teologico di ciascun capo. Per farle vedere ch'io non sono invidioso dell'onore (il quale però è affatto effimero: aspetti che il Breviloquio si legga un poco, e poi vedrà) dei miei confratelli, mi sono astenuto dall'indicarle tutti gli altri di– fetti e difficoltà già da me previsti ed espostile a voce a St. Trond, limitandomi a segnalarle sola– mente ciò che fu tolto a me. Se il p. I. Antonio non si fosse servito delle mie tesi, non avrei aperto bocca. S. P. Rev.ma ora tiene in mano gli elementi per giudicare se vi sia stato plagio. Se vuole tutte le mie tesi, copiate da Basilio, sono pronto a spedirle. È vero che il p. Antonio è stato mio lettore, ma come Le ho fatto osservare altra volta, non è lui, è a Lei, al sistema, alle mie fatiche fatte come lettore ch'io devo la distinzione delle tesi. Per fare bene gli offici affidatemi, ho sempre lavorato come se fossi stato condannato ai lavori forzati. Ha torto adunque il p. An– tonio, e direi quasi leggerezza, di attribuire a sé una gran parte di ciò ch'io devo in primo luogo a Dio, poi alle mie fatiche, indi a Lei ed al sistema, ed ultimo luogo solamente, a lui. S. P. Rev.ma sa che, in fin dei conti, e per grazia di Dio, io sono un bonaccio, grido e poi mi sto contento, ma non sono poi sempre disposto a lasciarmi soperchiare da lettere più o meno violente e veridiche del p. I. Antonio. La verità può essere un istante soperchiata, ma tosto o tardi arriva a ga<l> la e trionfa. Egli si è scavata la fossa da se stesso mettendo tavole e sommarii. Avendo fatto le mie proteste, a tempo e luogo rivendicherò il mio, con tutto il rispetto verso il p. 1. Antonio, ma in modo da far vedere a tutti che ciò che dico esser mio, è veramente tale. Ed il riuscire in ciò mi pare facilissimo [...]" (Lettera del 28 aprile 1874, AGOFM, Collegium Quaracchi 1, SK 487, cc. 401-402; Pizziolo, 255-257; Buffon, 686 nota 85 e 687 nota 86). Bernardino risponde a questa lettera sempre il 3 maggio 1874. 81 "[...] Lo stesso p. l. Antonio manifestò il dispiacere che S. P. Rev.ma non avesse potuto assumere di far stampare a proprie spese il Breviloquio, in causa delle grandi spese che ha per l'edizione delle opere di S. Bonaventura, che egli perciò riguarda come un ostacolo alla pubbli– cazione di altri suoi lavori. Adunque il p. I. Antonio è, per egoismo manifestamente avverso

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