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FEDELE DA PANNA, ANTONIO M. DA VICENZA E IL BREVILOQUIO 651 Provato fisicamente e intellettualmente dai ritmi forsennati imposti dai con– tinui viaggi in Europa, dai gravosi compiti della nuova edizione, dalla continua penuria di collaboratori e validi aiuti, da un ambiente, quello della sua Provincia, chiuso, indifferente e incapace di comprendere la portata e il valore, anche per l'Ordine stesso, della sua nuova iniziativa scientifica avviata con tanti sacrifici, scarsi mezzi economici, nessuna gratificazione se non quella del dovere e del servi– zio, sotto pressione per il nuovo lavoro (la Ratio novae collectionis in vista del Cen– tenario) Fedele è risentito con Antonio Maria e il suo entourage, istigato, a suo giudizio, contro di lui. Risentito per il "plagio", ma soprattutto e prima di tutto - e questo è ciò che più lo addolora - perché Antonio Maria fin dai tempi della let– tera di Saint-Trond, anzi in seguito a essa, ha incominciato a osteggiare più o me– no velatamente, ma in modo inequivocabile la nuova edizione di Bonaventura, a dissuadere i frati dal collaborare a essa, creando così pericolosi vuoti nell'impresa, e perché in Provincia le persone sono schierate con lui e ipocritamente negano la verità, come appunto ha fatto Giovanni da Rovigno. Tutto ciò è espresso senza mezzi termini in una lunga lettera, sempre a Ber– nardino, tre giorni dopo, la cui urgenza è dettata dalla ventilata perdita di due collaborazioni per la nuova edizione: in una di esse Fedele vi scorge l'intervento di Antonio Maria: si tratta della resa dell"'instabile" Ghedina sollecitato, sempre nell'ottica di Fedele, dal Borgo stesso a lasciare questo incarico con il pretesto di una sua scarsa valorizzazione nell'impresa, in realtà, secondo l'ammissione del Ghedina stesso, perché Antonio Maria è interessato ad averlo presso di sé. In questo contesto di rimostranze, lamentele per la paventata perdita di aiuti e insie– me di inviti a Bernardino a riflettere bene prima di assumere una decisione in merito, di giudizi taglienti nei confronti di Antonio Maria, si inserisce l'affare del "plagio". Fedele in buona sostanza il 28 aprile ripete ciò che ha detto il 25: dopo aver riconosciuto che per amore della verità si è fatto prendere dalla collera din– nanzi alle tesi negazioniste di Giovanni da Rovigno 79 , sbagliando, rivendica e sot- 79 Da parte sua Antonio Maria, dopo aver fornito a Bernardino un insieme di chiarimenti circa le condizioni di stampa del Breviloquio pattuite con l'editore Barraggia (numero di copie, prezzo etc.), alla fine di una sua lettera aggiunge: "Sono costretto a riaprire la lettera per pregare S. P. Rev.ma ad impedire gravi scandali, che possono derivare dalla prepotenza e alterigia del p. Fedele. Egli freme per l'edizione del Breviloquio, è in collera col p. L Stanislao, perché diede il suo giudizio favorevole, e a me poi e al p. Giovanni regala i più villani insulti. Lasciamo che si sforza (sic!) di screditare il lavoro; pretende che io abbia riportato le sue tesi (il che è falsissimo, basta farne il confronto) e grida che vuole soddisfazione. Io non ne scriverei a Lei, ma mi credo
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