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644 BARBARA FAES DE MOTTONI Fedele, in quel momento a Parigi, si appella ancora una volta a Bernardino. Richiamandosi all'ultima missiva di Ambrogio, contesta che nella faccenda sia impegnata la fraterna carità e che in nome di questa debba recedere dall'opporsi alla pubblicazione; la fraterna carità non c'entra, dal momento che della questione egli non ha mai fatto parola ad alcuno, né tanto meno alla sua Provincia. Ricono– sce invece come suo unico interlocutore il Superiore: a lui si è rivolto esponendo le sue ragioni, solo al suo giudizio, alle sue decisioni, si sottometterà 6 5 • A sua volta Bernardino, che nel frattempo ha fatto revisionare e correggere il lavoro di Antonio Maria dal p. Stanislao (Poli) da Chioggia insegnante di dogma– tica nel 1864, comunica prontamente a Fedele la volontà di stamparlo e si rallegra libri delle Semenze; di suo il P. L. Antonio non ci mette che la parte polemica. Un religioso della nostra Provincia mi scrisse: il lavoro del P. Antonio è come il frontespizio dell'opera sul Breviloquio che. a Dio piacendo, farà il P. Fedele; mi soggiunse però: in questa questione è im– pegnata gravemente la carità, e a Venezia c'è un grande malumore, e conchiuse col pregarmi ad interessarmi quanto posso perché cessi questo motivo di dissensione che serve a dividere sempre più i membri della povera nostra Provincia già troppo scissa. Io mi tenni assolutamente neutra– le, perché fosse più spontaneo il giudizio del Rev.mo, però desiderei che, pel minor male, il P.L. Antonio fosse esaudito. Vedremo come andrà a finire questo affare, che, se si potrà far sì che pel Centenario del nostro Serafico Dottore il primo volume delle opere veda la luce, non sembra sia per essere dannoso alla edizione in qualunque modo venga sciolto il nodo. Incanto fu asse– gnato un Revisore, e non semplice revisore, ma giudice e correttore. Un'altra volta le scriverò come piega l'affare tuttavia indeciso [...]" (Lettera del 26 maggio 1873, AGOFM, SQ/3,6; Pizziolo, 178; Buffon, 687). 65 "[..•] Il P. Ambrogio in una lettera secreta e del tutto confidenziale che mi unì alla preg.ma sua del 26 maggio, mi dice che un Religioso della Provincia gli scrisse essere nella questione del Breviloquio gravemente impegnata la carità e che perciò sarà necessario ch'io faccia un sacrificio per amore della fraterna carità. Tranne la lettera ch'io scrissi dal Belgio per consiglio e colla piena approvazione di V. P. Rev.ma al P. L. Antonio, e che si ebbe quella bella risposta che Lei conosce, io non ho scritto una sola parola intorno a tale questione, in Provincia a nessuno. Per parte mia adunque la carità non è punto impegnata; era mio dovere di esporle le mie ragioni in contrario, e se Lei ha già giudicato o giudicherà, che le mie ragioni non valgono o che per altre ragioni di maggior interesse bisogna cedere ed acconsentire alle istanze del P. L. Antonio, io perciò non mi commoverò punto, e Le sarò sempre quale devo essere, figlio affezio– natissimo e pienamente sommesso in tutto[...]" (Lettera del 15 giugno 1873, AGOFM, Colle– gium Quaracchi 1, SK 487, cc. 365-365 bis; Meneghin, 289 n. 29; Pizziolo, 187). In questa lettera del 15 giugno, a lato della parte concernente Antonio Maria, si legge questo appunto di Bernardino datato 20 giugno 1873: "Riveduto il lavoro del P. L. Antonio Maria dal P. L. Stani– slao e, modificato, credetti bene concederne la stampa. Lodo la P. V. per le disposizioni d'animo suo" (c. 365 bis).

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