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FEDELE DA FANNA, ANTONIO M. DA VICENZA E IL BREVILOQUIO 643 non ha ancora espresso un parere definitivo circa la pubblicazione (lo darà un mese dopo, e lo comunicherà direttamente a Fedele) - Ambrogio, che nel frattem– po ha avuto tra le mani il saggio inviato da Antonio Maria, rileva la quasi totale eliminazione delle vecchie annotazioni; osserva che così il lavoro consiste essen– zialmente in una spiegazione "materiale" del Breviloquio operata alla luce di passi paralleli tratti dal commento alle Sentenze del Serafico, e di originale il Borgo vi ha apportato solo la parte polemica (vedremo più avanti di che cosa si tratta); comu– nica che a esso è stato assegnato un revisore, anzi un giudice e correttore; lusinga Fedele 63 appellandosi al giudizio di un innominato religioso che riconosce al lavo– ro del da Panna, non a quello di Antonio Maria, ben altro spessore e profondità; soprattutto, in accordo con questo religioso, non per motivi scientifici, ma in no– me del male minore, per pura strategia politica, ricordando le tante divisioni e i malumori che già lacerano la Provincia Riformata, invita Fedele a non moltipli– carle, a sacrificarsi in nome della fraterna carità. In altre parole lo invita a non ostacolare più la ristampa del Breviloquio e a por fine così alla nota faccenda 64. 63 Una certa ipocrisia si avverte anche quando egli chiede a Fedele se le annotazioni di Antonio Maria al Breviloquio non possano essergli utili per la compilazione di un corso di filosofia e teologia del quale Ambrogio ha avuto notizia da una recensione. Ambrogio infatti doveva ben sapere che ormai Fedele da tempo aveva abbandonato i vecchi progetti tutto dedito alla nuova impresa. Scrive dunque Ambrogio a Fedele: "[...] Ho letto con mia grande soddisfa– zione nella Revue franciscaine pag. 107 (fascicolo di Aprile) una lode al Rev.mo e ai due reli– giosi della Provincia di Venezia che sono in Parigi per la nuova edizione delle opere complete di S. Bonventura, e per compilare un corso di Filosofia e di Teologia d'après le docteur séraphique. Ne sento gran piacere; le mie congratulazioni a Lei ed al nostro carissimo P. Eugenio. Ma, e le annotazioni del P. L. Antonio Maria che, a quanto ho inteso, sarebbero pronte per le stampe non sarebbero pur esse utili? Non ho ancora parlato di ciò col Rev.mo, spero di aver oggi l'opportunità di trattenermi un poco con lui da solo a solo [...]" (Lettera del 2 aprile 1873, AGOFM, SQ/3,6; Pizziolo, 171). Del resto Ambrogio non perde mai occasione, quando si tratta dell'affare del Breviloquio, di lusingare Fedele: cf. anche infta, nota 69, lettera del 9 febbraio 1874: "Il bisogno di un lavoro sul Breviloquio come quello ideato da Lei io penso che non solo continuerà a sentirsi, ma andrà crescendo". 64 " [...] Per la carità bisogna fare dei sacrifici; così perché finisca la nota questione sulla ristampa del Breviloquio con le annotazioni del P. Lett. Antonio Maria sarà necessario che Ella faccia per amore della fraterna carità un sacrificio. Io la prevengo perché minus jacula feriunt quae praevidentur, e la prevengo con tutta secretezza perché il Rev.mo non ha data ancora una decisione definitiva. Ho veduto il Capo mandato qua come saggio e da esso rilevo che le anno– tazioni vecchie sono quasi tutte eliminate e che si tratta di un lavoro poco più che materiale. A dilucidazione del testo del Breviloquio sono riportati dei tratti per la massima parte tolti dai

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