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386 NAZARENO MARIANI raciones. Ad primam", e il codice M ha, per ciò che riguarda le ultime parole: "Ad raciones. Ad primam. Quere. Etc." 15 . Fino a qui, tutto bene: ma il manoscritto M riporta, successivamente e con– tinuativamente, senza nessuna interruzione e senza alcuna indicazione, altre sei quaestiones, che all'apparenza sembrano formare un tutt'uno con ciò che precede, tanto per l'amanuense, che è il medesimo dell'opera precedente, quanto per il ritmo e la struttura delle quaestiones, le quali non cambiano per contenuto e per ragionamento: l'autore è un difensore e seguace di Scoto, come egli stesso con– fessa16, e che cita molto spesso e difende nella sua dottrina, anche se in qualche occasione dissente da lui; inoltre, cita anche, due volte, Giacomo d'Ascoli1 7 , ripor– tando le sue opinioni 18 . 15 ln luogo della precedente frase: "Quale uero" ecc., Charles H. Lohr sj, ha: "Quale vero et quantum non necessarium nisi potentialitate tantum ad rationes. Ad primam. Quare", in Antonianum 46 (1971) 486-488. 16 Metaphysica, <60vb>: "Scotus, cuius doctrinam sequor ut plurimum...". <6lra>: "Si Scotus uult dicere quod diuinus intellectus, ut ab essencia distinctus, produ– cat quidditates in esse intelligibili, loquendo proprie de produccione..." <60va>: "Secunda conclusio est quod intelligibilitas rerum creabilium non est causata uel producta a diuina intel– leccione recta, cuius oppositum ponit Scotus distinccione XXXV, questione Vtrum in Deo sint relaciones eterne ad omnia scibilia ut quidditatiue cognita, ubi Deus in primo instanti intelligit essenciam suam sub racione mere absoluta; in secundo instanti uero producit lapidem in esse intelligibili, ita quod, ut dicit in lectura Parisiensi, intelligendo lapidem, producit ipsum in esse intelligibili illa intelleccione recta qua ipsum intelligit". <6lvb>: "Tercia conclusio est quod intelligibilitas creature non est creata uel producta ab intelleccione diuina, quasi principiata, ut idem Scotus ponit sequenti questione, ubi ponit unum modum dicendi, qui potest reduci ad sex dieta: Primum dictum est quod...". 17 Giacomo d'Ascoli fu frate minore, dottore parigino e quasi compaesano di Francesco della Marca il quale era nativo di Appignano del Tronto che dista da Ascoli Piceno 9 km. Gia– como, detto d'Ascoli, potrebbe essere nativo della stessa Ascoli o di qualche paesino del contado ed essere chiamato "de Esculo" per gli stessi motivi per i quali Francesco, prima di essere cono– sciuto con il nome "de Marchia", era noto con l'appellativo "de Esculo", proprio come Giacomo "de Esculo". lnoltre i due appartenevano alla stessa provincia religiosa, la "Marchia", appunto, e dovevano conoscersi personalmente, poiché avevano avuto certamente occasione di incontrarsi prima nella loro terra e poi, tanto più, in terra straniera, a Parigi. Quattro o cinque anni di diffe– renza, nella data di nascita, lungi dal dimostrare una impossibilità di incontro, erano invece una reale possibilità o probabilità, se non proprio una certezza. Si potrebbe dire che l'affresco di Bolzano, che ritrae vicini e in animata conversazione, o discussione, tra loro i due dottori, mo– stri plasticamente e visivamente lo svolgimento di una quaestio tra i due. Per l'affresco di Bolza– no cf. l'ottimo contributo del P. Willibald Hopfgartner ofm, Una sintesi dipinta della filosofia

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