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UNA "QUAESTIO" DI SCOTO INTORNO ALLA NATURA 343 tale concetto, quando conosciamo qualsiasi cosa individuale 208 • Ma poi Scoto fa una correzione della sua opinione dicendo che dalle differenze individuali, come anche dalle differenze specifiche, non si può astrarre niente in primo modo, per– chè esse sono dei concetti reali, massimamente semplici e primieramente diversi2° 9 • La differenza individuale non ha delle caratteristiche specifiche o generiche comu– ni con un'altra differenza individuale e non può essere definita, perchè non fa una aggregazione delle nature con altre differenze. Appunto per questo motivo non si può astrarre niente dalle differenze individuali nel primo modo. Invece nel secondo modo, cioè quando la qualificazione è necessariamente connessa con il soggetto ma non fa parte della sua definizione essenziale, si può astrarre. E non soltanto dalle intenzioni seconde, ma anche dalle prime, come "in– dividuo", "uno numerico", "per sé esistente" ed "incomunicabile". Tali espressioni non fanno parte della definizione delle differenze primieramente diverse, ma le determinano necessariamente. Scoto chiama queste espressioni intenzioni prime, perchè vengono appoggiate a qualcosa a parte delle cose (a parte rei) e non ven– gono derivate dal concetto del soggetto 210 • Concludendo le nostre considerazioni sulla conoscibilità dell'individuo ci possiamo chiedere: come è possibile parlare di haecceitas, se essa è inconoscibile per noi in questa vita? Parlare di haecceitas è possibile soltanto grazie alla conoscenza analogica. Benchè noi non abbiamo una diretta conoscenza dell'individuo come individuo (pro statu isto ), ma possiamo conoscere la sua causa per analogia alla co– noscenza della differenza specifica che abbiamo in questa vita. L'ecceità è un prin– cipio metafisico non gnoseologico, perciò non dà dei criteri per distinguere l'indi- 208 In Metaph., VII, q. 13, n. 165, (OPh, IV, 273-274): "Item, nota quod a differentiis in– dividualibus quidquid abstrahitur est aliquid secundae intentionis, et ita 'persona'. Et sic, cum intelligo Adam, non intelligo singulare, quia si ipse intellecmaliter mihi ostenderetur, nescirem quod ipse esset, sed intelligo conceptum compositum ex homine et sìngulari, quod est quod– dam commune secundae intentionis. Talem etiam conceptum compositum habeo, intelligendo quodcumque singulare". 209 Ivi, n. 166, p. 274: "Igitur a differentis individualibus, sicut nec a specificis, nihil potest abstrahi primo modo, quia sunt rationes reales omnino simpliciter et primo diversae". 210 Ivi: "Sed secundo modo possunt multa abstrahi, et non solum secundae intentionis, ut praedicitur sed et primae - ut 'individuum', 'unum numero', 'per se exsistens', 'incommu– nicabile' forte sunt primae intentionis. Sic ergo intelligo compositum ex natura universali et aliquo tali ut ex parte obiecti, non ut ratione obiecti".

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