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196 ORLANDO TODISCO di necessario"7, come render conto dell'indole dei primi principi senza tale rela– zione a Dio? Il soggetto deve uscire da sé, all'aperto, e abitare in Dio. Malebranche non esita ad additare l'unica saggezza nella voce esodale della Scrittura, rivolta alle menti umane, perché si proiettino oltre i monti, senza però smarrirsi. Cosa ci im– pedisce di condividere tale avventura? Nelle Coversazioni cristiane egli da una parte scrive che "tutte le menti sono essenzialmente unite alla sovrana Ragione" 8 , e dall'altra annota che "il piacere cattura il cuore; agisce con maggior forza della ra– gione; poiché a causa del piacere si amano cose che mediante la ragione si giudica– no indegne di amore". Il piacevole attira più del vero, e l'amore per le cose sensibili allenta il rapporto e il desiderio con il regno dell'intelligibile. Queste due coordi– nate - la Ragione divina e il disordine psicologico dell'uomo - proprio perché distanti l'una dall'altra, inducono a rilevare che la luce divina, che illumina le menti attente e introspettive, spesso non raggiunge gli pseudosapienti, perché la luce pura della verità non è così viva da farsi sentire e farci applicare ad essa, quando siamo toccati dagli oggetti sensibili 9 • Da qui il fermo proposito di Malebranche di porre al centro, e di mettere in chiara evidenza, l'innesto del nostro essere in Dio, senza del quale non potremmo disporre di verità alcuna, davvero universale e necessaria e dunque stabile e affida– bile. Il filosofo oratoriano non vede altra strada praticabile per dirsi nella verità che collocare il nostro pensare nel pensare divino, senza tuttavia misconoscere la di– stanza dell'uno dall'altro. Dio conosce e vuole. Ma conosce e vuole in sé, mentre gli uomini conoscono e vogliono in Dio che, infinitamente perfetto, racchiude in sé tutte le verità, speculative e pratiche, tutti i rapporti intelligibili e tutte le perfe– zioni. Dio, infatti, non solo è saggio, come può esserlo l'uomo, ma è la saggezza; non soltanto sa, come accade a noi, ma è la scienza; non soltanto è luminoso, ma è la luce, venuta al mondo per illuminare. Una delle tesi, che Malebranche sviluppa, è la priorità cartesiana dell'infinito sul finito, nel senso che la conoscenza dell'uno presuppone la conoscenza dell'al- nito come una tematizzazione o un'oggetivazione, senza ridurla a quella presenza dell'Altro en– tro l'Identico, da cui per l'appunto essa si distingue. In Cartesio rimane una certa ambiguità su questo punto, in quanto il cogito, se da un lato si poggia su Dio, dal!'altro ne fonda l'esistenza". 7 Cit. da Amalia De Maria, Malebranche e il deismo, in Annuario Filosofico (Mursia) 7 (1991) 159. 8 Ibidem. 9 Ibidem.

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