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194 ORLANDO TODISCO scere, intendendo con "idea" l'oggetto immediato della nostra mente, la quale "non va a passeggio per il cielo o esce fuori di sé tra le cose", rileva con una punta umoristica l'oratoriano, ma è sempre in sé e insieme fuori di sé, ed è fuori di sé grazie a ciò che ha ed è in sé. Con il termine "idea" Malebranche intende tutto ciò che conosciamo, non ciò che rinvia a qualcosa altro, nel qual caso si pretenderebbe conoscere ciò che non conosciamo, perché appunto estraneo allo spazio entro cui siamo e pensiamo. La coscienza critica gli impone di arrestarsi alle idee e di farne l'oggetto del conoscere. Siamo al primo crinale divisorio tra l'epoca medievale e l'epoca moderna. Ma come giustificare l'attendibilità delle idee? Egli sviluppa la tesi cartesiana del Dio garante del carattere veritativo di ciò che conosciamo, sia perché l'uomo è creatura di Dio, sicché, se l'intelletto fosse una facoltà menzognera, Dio stesso sa– rebbe mendace, essendo lui il creatore; e sia perché l'uomo pensa nell'infinito - come altrimenti sapremmo che una cosa è finita? Questa ispirazione cartesiana su– bisce la prima decisiva radicalizzazione con la puntualizzazione che non siamo in rapporto a Dio attraverso l'idea di infinito, in noi, ma non da noi. Non siamo in rapporto a Dio, bensì in Dio, come moscerini in un raggio di sole. Non l'infinito nel finito, ma il finito nell'infinito. Le nostre idee, più che nostre, sono di Dio, nel quale "vediamo tutte le cose". A Dio non si giunge attraverso una dimostrazione - nel qual caso il circolo vizioso sarebbe grave, dal momento che, se la garanzia veri– tativa viene cartesianamente da Dio, ci serviremmo di una ragione non garantita per arrivare a Dio, che fungerebbe poi da garante del carattere veritativo della ra– gione. Dio è lo spazio del nostro pensiero, che sorge in Lui e in Lui si acquieta. In fondo, ai fini dell'esistenza di Dio "la prova più bella, la più elevata, la più solida, la prima o quella che suppone meno cose, è l'idea che abbiamo dell'infinito"5, che ci sovrasta e dunque ci include. In questa sorge e si consuma la nostra avventura. Il porre Dio-verità come luogo del nostro pensare equivale a fondare il sistema della conoscenza su Dio, e non più, come Cartesio, sull'io. Il che è di grande rilievo, nel senso però che non va contro, ma oltre Cartesio, nella direzione di Hegel. Il problema di Dio è al centro del pensiero di Malebranche. Il filosofo orato– riano vuol porre fine all'epoca pagana come a ogni forma di ateismo, restituendo a Dio il ruolo non solo di causa efficiente, ma di unica causa. Il principio è semplice e radicale. Non è forse vero che Dio prima progetta e poi crea, e dunque ha le idee di tutte le cose? Come altrimenti potremmo dirlo creatore del mondo? Il prin- 5 Récherche de la verité, Paris 1958, 322.

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