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222 ORLANDO TODISCO richiamo ad Agostino è in entrambi qualificante, così come l'affermazione della stretta parentela tra infinito e finito. L'esplorazione del reale in rapporto a Dio è per tutti e due stringente, alla ricerca di quell'intreccio di elementi che diano con– to del senso delle creature e del significato del mondo. Ora, se l'uno e l'altro concepiscono Dio come lo spazio del pensare e dell'agi– re, Bonaventura conserva inalterata la distanza del soggetto da Dio e dal mondo e insieme la comunione del soggetto sia con il mondo che con Dio, in contrasto con l'impostazione aristotelico-averroista - si pensi all'intelletto unico di Averroé; mentre Malebranche, ponendo in discussione il principio di causa-effetto, riporta a Dio la sorgente del nostro pensare e agire, in polemica con l'orientamento deista, che ne aveva indebolito la presenza, e tuttavia lungo un percorso il cui epilogo em– piristico-scetticheggiante non gli è del tutto estraneo. Certo, occorre porre al primo posto il senso critico del pensare, proprio della modernità, che distanzia Malebranche da Bonaventura. Quando egli scrive che "io non sono luce a me stesso, perché la mia sostanza e le mie modalità non sono che tenebre", Male– branche, oltre che fare spazio a Dio, intende trovare la sorgente che dia affidabilità alle nostre idee. Oltre ai principi universali della metafisica e alle verità della mate– matica, grazie alle quali siamo in comunione con Dio, non si dà altro che possa ritenersi vero di una verità definitiva. Quando in un dialogo immaginario parla dei sensi e chiede loro cosa suggeriscano, se cioé sia io stesso a muovere il mio braccio, se sia io a comunicare ad alcune cose la mia forza meccanica, mettendole in moto, la risposta è che queste cose le ammettiamo perché riteniamo, in modo del tutto ingenuo, che i sensi siano buoni testimoni. Non è coerente ritenere che i corpi abbiano in se stessi una forza, né che possano diffonderla in quelli che essi incon– trano, "poiché tu non ne vedi nulla". Sono avventati a suo parere quanti dal fatto che le idee delle cose sono presenti al nostro spirito, concludono che noi ne siamo la causa produttrice. Altrettanto si dica dell'opinione secondo cui una palla in mo– to si dice è causa del moto della palla che trova sul suo cammino. Ciò che si deve concludere è che l'incontro delle due palle è l'occasione all'autore del movimento di eseguire il decreto della sua volontà, causa di tutte le cose. È evidente che il di– scorso verte sull'origine del carattere universale della verità. Qual la sua sorgente se non Dio? Il tema della verità indefettibile è il centro, meta del pensare e luogo della nostra comunione con Dio. Certo, la distanza tra Bonaventura e Malebranche, prima che nella differente coscienza critica, è da riporre nella scelta teoretica di fondo, di cui le due prospet– tive filosofiche sono le conseguenze. Avendo posto a fondamento Dio, sommo

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