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BONAVENTURA EMALEBRANCHE 221 bile repertorio delle conoscenze scientifiche è il frutto di immani fatiche a favore dell'umanità. Il mondo scientifico-tecnico diverrebbe una prigione se non si apris– se a quelle verità ideali che alludono alla totalità di senso, orizzonte sempre aperto entro cui operare per migliorare la qualità della vita. È questo lo spazio della creati– vità umana che non confonde e insieme non isola le verità fattuali dalle verità ideali, nell'assunto che le verità fattuali senza le verità ideali liberano forze che poi è arduo controllare, e le verità ideali, senza il peso della concretezza del quotidiano, diluiscono in mondi remoti la loro forza pacificante. Le verità ideali sono come la luce, che mostra il suo potere attraversando le fenditure del mundus sensibilis, senza esaurirsi. Scienza e filosofia, sapere empirico e sapere sapienziale devono l'uno aprirsi all'altro, nel senso che la scienza è bene pensarla entro il senso globale di– schiuso dalle verità ideali, in maniera che queste sostengano le verità fattuali, nella fatica della loro effettiva realizzazione. Il che non significa sminuire le une a favore delle altre, ma coniugare il meno con il più. Bonaventura, infatti, sottolinea che la multiforme sapienza divina si nasconde (occultatur) nelle creature e nell'uomo 90 , non nel senso che le creature siano il velo che occulta all'uomo la presenza di Dio, bensì nel senso che il loro essere si apre alle rationes quietantes, polo ultimativo di qualunque sapere 91 • 5. Bonaventura eMalebranche: due scelte teoretiche Bonaventura e Malebranche sono due "pensatori religiosi", nel senso che la loro proposta speculativa si dispiega entro lo spazio divino e ha per obiettivo la co– munione con Dio, raggiunta attraverso la dottrina della partecipazione e la fonda– mentale teoria dell'esemplarismo. Dio è al centro di ambedue le prospettive e il 90 De reductione artium ad theologiam, n. 26, (ed. Quaracchi, V, 325). 91 Sofia Vanni Rovighi, sempre equilibrata nelle valutazioni, pare che in merito a questo aspetto si sia lasciata prendere la mano dalla sua adesione a Tommaso d'Aquino. Dopo aver chiarito che per Tommaso esalta il creatore colui che esalta le sue creature - "Deus qui est insti– tutor naturae non subtrahit rebus id quod est proprium naturis earum" ( Contra Gent., II, cap. 55, [ed. Leonina, XIII, 395]) - a proposito dello stesso argomento in Bonaventura annota che il richiamo alle idee platoniche non è solo "per affermare che il mondo è modellato sulle idee di– vine, ma anche per considerare il mondo come ombra delle idee (penso al mito della caverna)" (Perché san Bonaventura ha criticato Aristotele, in Studi di filosofia medievale, voi. II, Milano 1978, 45-46); e altrove ribadisce che "le creature sono anche un velo dietro cui si nasconde la presenza di Dio, e più sottile è il velo, meglio Dio si manifesta" (Il Sec. XIII: Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d'Aquino, in Studi difilosofia medievale, vol. II, 71).

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