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BONAVENTURA EMALEBRANCHE 193 diffonde intorno a sé, nella creazione e nella redenzione del mondo, disegnando un cerchio di luce, entro cui le creature sono e noi pensiamo. I due percorsi possiamo descriverli anche in altro modo. E cioè, se l'atto creativo è un atto d'amore, vuol dire che è un atto di libertà, sicché la verità del mondo è solo la forma che l'amore nel concretizzarsi ha assunto, con l'implicita esaltazione di tutte e singole le creature, preziose e irrepetibili; se invece, l'atto creativo è prioritariamente un atto di verità, vuol dire che, in ultima analisi, è un atto di necessità, sicché la verità del mondo e delle creature è da registrare e ripro– porre con il suo respiro universale, rispetto a cui l'intelletto è lo specchio e la biografia, in quanto individuale, del tutto irrilevante. Le implicazioni di questo confronto sono compendiabili in due passaggi: il primo riguarda la fecondità del Dio-vero, quale tratto distintivo della tradizione occidentale, di cui Malebranche è interprete autorevole, come a suo modo lo è Bonaventura; il secondo il Dio-bontà, quale tratto proprio della prospettiva bonaventuriana, come spazio del vivere e del pensare, da esplorare recuperando quella trama di rapporti attraverso cui filtra l'amore liberale di Dio. Dunque, se Malebranche pare abbia affrontato gli stessi problemi di Bonaventura, imbattendosi nelle stesse obiezioni, evocando le stesse premesse e muovendosi nella stessa direzione, questa identità "materiale" o di con– tenuto ci aiuta a comprendere meglio la distanza della logica del primato della verità dalla logica del primato della bontà, confermata dall'indole degli esiti finali. È un capitolo comparativo estremamente fecondo di suggestioni teoretiche ed esi– stenziali, che è opportuno disarticolare. I. Malebranche e ilDio-verita luogo di tutte le verita Malebranche vive nel pieno della modernità, nel Seicento di Cartesio, con una formazione propriamente agostiniana 4 • La coscienza critica, che distingue questo tempo dalle epoche anteriori, presiede alla sua riflessione filosofica. Anzi– tutto, la centralità delle idee, considerate non più come ciò attraverso cui cono– sciamo qualcosa altro (id quo) - come è possibile conoscere "qualcos'altro" se questo non è presente e dunque non si risolve nell'idea che è in noi? Le idee sono ciò che conosciamo (id quod), non finestre sulla realtà. È l'idea l'oggetto del cono- 4 M. Priarolo, La teoria della conoscenza di Malebranche tra Agostino e Descartes, Pisa 2004; E. Faye (a cura di), Cartesiens et augustiniens au XVII siecle, numero unico della rivista Corpus 37 (2000).
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