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BONAVENTURA E MALEBRANCHE 219 stazione aristotelico-averoista, ristabilendo il rapporto immediato tra Dio e l'uomo, e dunque riproponendo la fecondità dell'atto creativo, sorgente di comu– nione tra Dio e il mondo, realtà sostanzialmente diverse, eppure strettamente in– terrelate79. Come sotto la pressione deistica, tesa a porre Dio ai margini del pensare, Malebranche elabora una prospettiva cristocentrica, quale forma concreta di un pensare in Dio 80 , così sotto la pressione della crisi averroista Bonaventura porta a termine la tesi del Verbum medium omnium tenens 81 - creativo, redentivo e conoscitivo - grazie a cui rinsalda l'unione tra Dio e il mondo. Eppure, nonostante questa sostanziale convergenza nei problemi e nelle pro– spettive, la distanza tra Bonaventura e Malebranche è qualitativa, per il fatto che il primo non è interessato prioritariamente al vero, come lo è il secondo, ma alla li– bertà creativa, di cui il vero è la rivelazione nel tempo. Egli è interessato a quali– ficare la fonte come vita et dilectio, a sondare il mistero dell'amante che è amato o di quell'infinito ardore, ossia del Padre come amore puro, pieno, perfetto, come fluente nel Figlio e rifluito nello Spirito. Innalzando l'inno all'essere fontale come amore, egli rileva che "quell'essere è sommamente buono; dunque diffonde som– mamente se stesso. E ciò avviene mediante una triplice diffusione: attualissima, integerrima, ultimata" 82 , e poi aggiunge: È necessario che dove è la beatitudine ivi sia anche l'amore sommo e per conseguenza nel sommo. Ora, l'amore può essere riflesso, connettivo e caritativo. Ma l'amore con– nettivo, per mezzo del quale amo l'altro, è più perfetto dell'amore riflesso, mediante il quale amo me stesso. E di tutti e due più perfetto ancora è l'amore caritativo, perché ivi si ha insieme l'amato e il coamato. Pertanto, è questo amore che unisce le divine persone. È con quest'amore che il Padre ama il Figlio; ed è un ardore infinito. Inoltre, 79 In Hexaem., III, n. 3, (ed. Quaracchi, V, 343): "Sempiterna virtus et divinitas per effec– tum intelliguntur, quia Deus est causa omnium, et per virtutem eius omnia sunt facta; quod est contra philosophos, qui negant, quod ab uno et eodem, semper manente eodem, sint multifor– mia, ab aeterno temporalia, ab actualissimo manent possibilia, a stabilissimo mutabilia, a sem– plicissimo composita, a sublimissimo infima; cum effectus sit similis causae, et causa sit contraria in his conditionibus". 80 Parlando dei deisti, Malbranche rileva che al pari dei pagani, degli ebrei e dei maometta– ni, negano Cristo mediatore. "Voi credete", così dice Teodoro-Malebranche, "che l'ordine delle cose è capovolto (...) Come lo si ristabilirà? Sarà per la filosofia dei pagani? Non conoscono i nostri mali(...) Sarà per questa religione dei deisti? Essi non vogliono il mediatore(...) Sarà per la legge di Maometto?" (cit. in Amalia De Maria, Malebranche eil deismo, 156, nota 6). 81 In Hexaem., I, n. 10, (ed. Quaracchi, V, 330). 82 In Hexaem., XI, n. 11, (ed. Quaracchi, V, 381).

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