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216 ORLANDO TODISCO verità - non è il pensiero che crea la verità, la quale, anche se non pensata, conti– nua a esistere - nella concezione moderna si è certi solo di ciò che è nella mente, che quindi è id quod cognoscitur, senza rinvii che sarebbero del tutto velleitari, perché indurrebbero ad ammettere col pensiero qualcosa che è fuori del pensiero e dunque qualcosa di non pensato. La filosofia non può ereditare dall'esterno alcuna verità, né ammetterla, neppure come possibile. Per "esterno" non dobbiamo inten– dere solo il mondo che ci circonda, ma anche la storia che ci precede e dunque le tradizioni che ci trasciniamo dietro come una realtà opaca, accolta ma non pensa– ta. La coscienza critica è devastante. Ora, Malebranche vive in questa temperie culturale ed è convinto che le idee non sono il mezzo, ma ciò che conosciamo. L'epoca, in cui si riteneva che le species sono ciò attraverso cui conosciamo qualcos'altro, è definitivamente tramontata. Proprio perché le idee non sono strumento della conoscenza, ma l'oggetto della conoscenza, Malebranche si premura di rapportarle a Dio, unico e autentico spazio entro cui tutto ha luogo. Egli respingerà l'innatismo di Cartesio, perché autono– mizza la mente umana staccandola da Dio, e si dichiara a favore del partecipazio– nismo agostiniano, inteso come ammissione dell'uomo alla visione del mondo ideale divino. Pur ritenendo che non siamo gli artefici delle idee, le quali dunque non è possibile metterle in discussione a causa della nostra finitezza - si coglie sullo sfondo l'irrilevanza del soggetto nella sua singolarità, cui la filosofia conduce - l'innatismo esalta oltre misura l'autonomia dell'uomo, incline a rendersi indi– pendente da Dio. Solo la partecipazione è in grado di garantire l'affidabilità delle idee, perché assicura che le idee non hanno un'origine finita e insieme non si mette in crisi la nostra radicale dipendenza da Dio. In Malebranche, per quanto intima, l'unione con il divino è ancora labile con sullo sfondo quel residuo di acriticità, che porta ad ammettere la realtà esterna al pensiero, nel senso che considera Dio ancora altro da noi. È Spinoza colui che rompe ogni indugio, dissolvendo il carattere sostanziale delle sostanze finite da– vanti all'unica sostanza, cifra di tutte le idee. Il pensiero diventerà atto della stessa Sostanza assoluta. Siamo sulla strada della profanazione (o svelamento) del miste– ro di Dio, verità originaria, non l' al di là o il trascendente, ma l'ente in cui ogni ente esiste, la "sostanza" cui ogni cosa inerisce. Disperso come un granello di polvere nell'universo che ci trascende da ogni parte e che non ha bisogno di noi per esistere, l'uomo comincia a considerarsi pa– drone di tutto ciò, perché quest'infinità di tempi e di spazi è il contenuto del suo pensiero pensante. Ciò che sembra a noi indifferente e indipendente, in quanto

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