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214 ORLANDO TODISCO veritativo, è alle prime battute. È in Dio che vien fondata la certezza che il reale non solo è intelligibile, ma alla portata del mio pensiero, che si apre alla verità, ga– rantita dall'evidenza. Questa duplicità - Dio-uomo - resterà al centro della filoso– fia moderna fino a Hegel escluso. Esso è visibile in Cartesio, per il quale coglie la realtà colui che viene da Dio, sommamente verace - le facoltà sono affidabili - sicché la veridicità del pensiero è in fondo garantita da Dio stesso. Ciò che costi– tuisce problema è la distanza tra Dio e l'uomo, secondo cui l'io è separato da Dio perché altro rispetto a Dio. Non è infondato pensare alla filosofia razionalistica come a un progressivo avvicinamento tra l'io e Dio, fino all'identità conclusiva, a opera della parabola idealistica. Ebbene, tale filosofia riceve da Malebranche una brusca accelerazione, nel senso dell'avvicinamento di Dio all'io e dell'io a Dio, avviando l'interpretazione delle coscienze umane come modi di un'unica sostanza spirituale, così come i corpi sono modi di essere dell'estensione, unica sostanza materiale. L'interrogativo di fondo riguarda l'indole della garanzia divina delle nostre idee. Queste sono affidabili? Lo sono perché non sono "nostre", non sono il frutto di una sostanza finita pensante, bensì di Dio. Il problema, dunque, è la solidità delle idee. Siamo all'inizio formale della critica del carattere sostanziale degli enti finiti, oramai in procinto di diventare modi di essere di un'unica sostanza, al modo di Spinoza. Il problema di fondo non è la gloria di Dio, ma l'affidabilità del pensiero, da assicurare oltre ogni dubbio, perché luce divina. Malebranche, infatti, considera il pensiero atto di Dio, non semplicemente umano. "Noi vediamo tutte le cose in Dio" 68 • L'origine delle idee non è nell'anima. L'origine è fuori dell'anima. Cartesio ha considerato le idee come modi finiti della mente umana, ritenendo che siano affidabili nonostante la loro finitezza, perché percepite entro l'idea dell'in– finito. Il finito è capace dell'infinito. Malebranche va oltre e dice che, perché siano affidabili, occorre considerare le idee come archetipi increati delle cose, stringendo in modo più intimo gli archetipi sia a Dio, da cui non si distinguono, e sia alle creature. Le idee degli enti finiti sono iscritti nell'essenza divina, anzi "queste idee, che Dio ha avuto, non sono affatto diverse da lui stesso". "Dio vede dentro se stesso tutti gli esseri, considerando le proprie perfezioni che glieli rappresentano" 69 • Se 68 Récherche de la verité, 437. Cf. quanto scrive in merito E. Scribano, Angeli e beati..., 195-233. Molto pertinente il raccordo con la Scolastica, ma molto attenuata la distanza teore– tica rispetto al motivo ispiratore del medioevo. 69 Récherche de la verité, 434.
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