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BONAVENTURA E MALEBRANCHE 213 modo, mettendo a frutto il proprio talento speculativo, dando però vita a un pensare che è tutt'altro rispetto al pensare ciclico, propriamente pagano. Dunque, il medievale non solo parte dal dato, ma si affretta a indicarne il dante, perché sa che il suo compito è di esaltarlo e ringraziarlo. Il mondo è un dato, e perché tale, non neutrale. Il mondo è un dato che attraverso il dare ci porta a un dante, da se– gnalare e descrivere, sia pure in modo approssimativo. In tale contesto il francesca– no non solo parte dall'essere e arriva a Dio, ma legge tutto ciò in chiave di libertà creativa, ponendo le premesse del canto di lode, sostenendo in breve che noi e le creature siamo l'epifania del suo amore. I problemi specifici - antropologici, gno– seologici, etici... - si muovono entro questa logica e acquistano peso in misura che lasciano spazio alla libertà creativa di Dio, ragione, prima e ultima, di tutte le cose. Malebranche è moderno, e perché tale non parte dall'essere ma dal soggetto o meglio, dal soggetto pensante, chiamato a elaborare modelli in base ai quali assicu– rare stabilità al regnum hominis67. Egli dunque, non parte dall'essere o dal mondo, come dato di cui cogliere la provenienza e la ricchezza. L'esistenza è scontata. Non si trascuri questo rilievo, proprio della modernità. E cioè, si è nell'essere sotto for– ma di coscienza pensante e si parte da qui, quasi che l'essere-al-mondo sia un dato neutro, e non sia necessario interrogarsi sulla genesi; o al più, riscoprirsi "gettato" nel mondo (Heidegger). Con la modernità il "cogito", come volto proprio dell'es– sere - res cogitans - si impone come pilastro della nuova filosofia, o anche come "il punto archimedeo", a partire dal quale controllare il mondo e modificarne alcune manifestazioni, ponendo al primo posto l'azione, con cui fare entrare la forma ideale (progettata) nella realtà esplorata. Si comprende allora quanto sia centrale e rilevante misurare lo spessore del pensiero, oramai al primo posto. I problemi, co– munque dibattuti e qualunque sia la genesi o la via risolutoria, portano tutti alla centralità della logica, sostenuta e rinvigorita dal metodo, quale garanzia operativa del pensare. Siamo al "pensiero potestativo" che ha preso definitivamente il posto del pensiero "contemplativo" o metafisico. Il centro oramai è il soggetto che pro– getta, e Dio è postulato come spiegazione conclusiva delle cose, e pertanto è al ver– tice della piramide, come punto d'arrivo o come suo sostegno. Si parla di Dio, come il matematico delle equazioni. Non si parla più a Dio. L'orizzonte è oramai non più di segno teologico ma prioritariamente antro– pologico. Il che risulta evidente se prendiamo in esame la reazione di Malebranche. Il retroscena è quello cartesiano, il cui avvicinamento a Dio, garante del conoscere 67 F.Jullien, Pensare l'efficacia in Cina e in Occidente, Bari 2006, 12ss.

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