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212 ORLANDO TODISCO quanto finito, ma alla critica della sua assolutizzazione, che ha luogo attraverso il suo isolamento sia dalle condizioni che ne spiegano l'intelligibilità come da colui che lo ha chiamato all'essere. Ed è su tale rapporto dialogale finito-infinito o meglio sull'indole della relazione tra ciò che è umano e ciò che è divino sul piano del conoscere e, prima ancora, su quello dell'essere, che si misura la distanza di Bo– naventura da Malebranche, come anche si definisce la traiettoria che la filosofia moderna segue e sviluppa. Il primo ama custodire la finitezza delle creature pur nella dialogicità comunionale con il creatore, il secondo riconduce le creature al creatore spegnendone il potere causale, quasi ne fosse oscuramento o negazione. 4. Malebranche non e Bonaventura: due versioni della dimensione religiosa del pensare Ora, il pensare, che ha come tratto qualificante la dimensione religiosa, è sia medievale che moderno. Ai fini di una più puntuale contestualizzazione storica, che aiuti a distinguere con rigore il medioevo dall'età moderna, è bene, in forma conclusiva, ritornare a Malebranche, il più vicino per la sua ispirazione platonico– agostiniana a Bonaventura. È il filosofo del Verbo "fonte della luce", che rischiara ogni uomo che viene al mondo, consentendo di vedere ciò che altrimenti non vedrem– mo. Come non è l'anima nel corpo, ma il corpo è nell'anima, così non è Dio nel mondo, ma il mondo in Dio. Le idee, che rappresentano le creature, non sono altro che le perfezioni di Dio. Se Dio ha prodotto ciò di cui aveva delle idee, queste non sono diverse da Dio stesso, sicché tutte le creature, anche le più materiali, sono in Dio. Se possiede le idee di tutte le creature, "la mente può vedere in Dio le opere di Dio" 65 • È senza sfumature l'affermazione: "Noi vediamo tutte le cose in Dio" 66 • Non è arduo intendere che, nonostante abbiano in comune punti dottrinali rilevanti, Malebranche è nella direzione della divinizzazione della coscienza, mentre Bonaventura è preoccupato della netta distinzione, pur nella comunione, tra le creature e il creatore. In cosa allora, riporre il divario di sensibilità teoretica, oltre che di contenuto? Se in linea con la filosofia greca il medievale coltiva il sapere metafisico, a differenza di questa il medievale si affretta a indicare il titolare del mondo e a tesserne le lodi. Non si dà un pensatore che nel Medioevo non si sia cimentato con il problema dell'esistenza di Dio. Certo, ognuno lo ha fatto a suo 65 Récherche de la verité, 437. 66 Récherche de la verité, 437.
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